venerdì 26 febbraio 2010

CAPITOLO III - BOB

Il pomeriggio del 3 Aprile dopo la "chiaccherata" della mattina Jem si prepara per lo spettacolo al festival di Primavera. Chiede il permeso al dottore per poter andare in albergo e prepararsi. Il dottore le da il permesso.
Naturalmente Bob l'accompagna. Sull'auto sono stati applicati dei mezzi di sicurezza: la carrozzeria dell'auto è stata rafforzata, sono stati installati dei finestrini anti-proiettili anche se, in verità, è cambiata proprio l'auto.
E di questo Jem si lamenta "Perché questa ? Voglio la mia!".
Allora Bob cerca di calmarla "La tua auto è in carrozzeria, le verranno applicati dei sistemi di sicurezza. Non preoccuparti, la riavrai presto!"

Accompagnata la ragazza in albergo Bob si ferma nella sala da bar ad aspettarla, li incontra Samantha e di due cominciano a parlare. Per prima attaca Samantha che domanda a Bob:"Senti, è poco tempo che conosci Jem ma, ti sarai accorto, forse, che è un po' capricciosa..."
"Eh sì, me ne sono accorto, però è simpatica e molto....è carina."
"Ah! Ti ha colpito! Sai una cosa, per me anche tu l'hai colpita...."e con queste parole Samantha si volta verso le scale dove sta scendendo Jem. E' splendida: i suoi occhi blu sono risaltati da un ombretto rosa brillante e da un mascara nero; la bocca colorata con un rossetto rosa fiammante. Il suo abito è molto elegante: nero, scollato sul davanti e sul dietro, senza maniche, stretto in vita da una cintura nera di vernice, la gonna corta che risaltava le sue belle gambe e scarpe con il tacco altissimo. Sulla chioma bionda e mossa spiccava un cappellino nero con veletta.
Bob dopo averla osservata da capo a piedi sussurra all'orecchio di Samantha:"Come fai a sapere che l'ho colpita?"
"Intuito femminile" risponde allegramente.

I tre i diressero al luogo dov'era in programma lo spettacolo. Tutto andò per il meglio: Jem non ricevette alcuna minaccia e terminato il pezzo tornò in albergo accompagnata da Bob.
"Allora come ti senti, sei stanca?" domandò gentilmente Bob.
"No, è tutto ok! Sono stata grande stasera! E non è successo niente!"
"Già, forse ci stiamo sbagliando, speriamo..."
"Ma..."Jem esitò guardando Bob fisso negli occhi, era davvero stupendo, non solo il suo aspetto ma anche il suo modo di fare, era affabile, gentilissimo e spiritoso.
Jem era rimasta davvero colpita, non volle continuare il discorso, doveva riflettere.
Bob interruppe i suoi pensieri:"Dicevi?"
"Niente, è meglio che mi riposi, non sono ancora in ottima forma."
E fu così che Jem aprì la porta della sua stanza salutando Bob con un sorriso.
"Sogni d'oro" Bob era rimasto un po' deluso da quel cambiamento di Jem, anche lui era rimasto colpito dal suo dolce sorriso, dal suo comportamento semplice, non da star.
Jem entrò in camera e si gettò sul letto. Prese la fotografia di John. Sì, John! Si erano salutati ieri con tanta tristezza, un mese senza vedersi!
John era il ragazzo della sua vita. Era tanto tempo che stavano insieme, nonostante le sue ampie conoscenze nel mondo dello spettacolo, gli innumerevoli fans che le giravano attorno, per lei esisteva solo John: il suo ragazzo, il suo migliore amico!
Il suo ricordo era continuamente interrotto dal pensiero di Bob. Com'era possibile? Jem si sentiva in colpa, si sforzava di pensare che era semplicemente attratta dalla sua bellezza ma non ci riusciva.
Non ricordava solo il suo bel viso e il fisico atletico ma le sue parole, i suoi sorrisi rassicuranti. Tutto in lui l'aveva colpita. Doveva smetterla di pensare a lui. Non poteva immaginare la sua vita senza John....ma Bob...
Ogni volta che tentava di pensare ad altro, Bob era lì, nella sua mente con il suo sorriso e i suoi occhi lucenti.

martedì 23 febbraio 2010

CAPITOLO II - LA GUARDIA DEL CORPO

"Chi sarà mai quel bel ragazzo ?" pensò Jem.
"Ciao Jem, come te la passi ?" domandò il medico.
"Bene, grazie" risposte cordialmente la ragazza.
"Buongiorno, signorina O'Hara. Mi permetto di presentarmi; mi chiamo Harry Clain sono investigatore. Piacere di conoscerla." e le strinse la mano accennando un lieve sorriso.
"Il piacere è tutto mio. Mi scusi ma è venuto ad investigare sullo sparo di ieri ?" domandò Jem.
"Vedi Jem, per questa volta non è niente di grave, te la sei cavata bene, ma..." spiegò il dottore.
"Pensate che mi possa accadere ancora qualcosa?" lo interruppe Jem.
"Vede signorina, potrebbe darsi che..." continuò l'ispettore Clain "la persona che..."ma Jem lo interruppe bruscamente "Chi mi vuole uccidere? Chi? Perchè proprio me? Non ho fatto niente a nessuno! Non posso avere nemici! E' stato uno sbaglio! Solo uno sbaglio! E voi, anche voi, tutti voi, vi sbagliate! Nessuno mi vuole uccidere!" gridò piangendo disperatamente la povera ragazza che ora si sentiva agitata e terrorizzata e le tornava alla mente il momento dell'incidente.
Scese dal letto, lentamente si avvicinò alla finestra, aprì le tendine bianche e spalancò la finestra.
Si sistemò i capelli, si girò verso i presenti e, con voce calma e rilassata, disse:"Mi sembra che si sia formata un'aria un po' pesante. Terrò aperta la finestra per poco tempo, non vi preoccupate non prenderò freddo."
Detto questo prese il vaso di fiori che stava sul comodino e lo spostò sul davanzale della finestra per fargli prendere un po' di sole e di aria fresca. Abbassò la tapparella quel tanto da impedire al sole di disturbare ed infine si chinò per aprire un cassetto, dal quale estrasse un pacco incartato con carta colorata.
Si sedette sul letto lo aprì: osservò la scatola di cioccolatini che le avevano regalato, lesse il biglietto accompagnatorio e l'aprì. Osservò anche i cioccolatini, guardò fuori dalla finestra per qualche secondo, si guardò le pantofole rosa pallido che aveva ai piedi e pensò "Non so più cosa fare, penseranno che sono matta, perché Sam non interviene? E quel ragazzo cosa fa qui? Devo offrire loro i cioccolatini, forse mi perdoneranno..."
Allora tolse le pantofole, appoggiò i cioccolatini sul comò, sempre seduta scoperchiò il letto, ma non del tutto, mise il cuscino contro la parete per stare più alta con la testa, mise anche i piedi sul letto, prese le coperte, se le tirò vicino ma non si coprì completamente, guardò di nuovo fuori dalla finestra, non aveva ancora rivolto lo sguardo ai presenti.
Dopo qualche minuti si decise: prese i cioccolatini fece un sorriso e, esitando, si girò verso i presenti.
Non voleva parlare nè stare zitta, il suo sguardo era fisso per terra poi, piano piano, si alzò e andò a finire sul bel ragazzo presente nella stanza: era veramente carino con gli occhi azzurri come il mare, i capelli biondi e molto alto.
Il ragazzo sorrise, lei abbassò lo sguardo intimidita ma poi, facendosi coraggiò domandò:"Gradireste dei cioccolatini? Me li hanno regalati ieri all'arrivo all'aereoporto. Vi prego di assaggiarne uno." e con un viso di preghiera glieli porse.
"Sì dai Jem, dammene uno, quello lì rosso" E con questa frase il medico prese il cioccolatino.
Allora anche Samantha, che finora non aveva parlato, con voce rauca per il troppo silenzio disse: " Ti ringrazio Jem per l'offerta, io gradirei quello blu." e avvicinandosi sorrise.
L'ispettore Clain ne prese uno a forma di pistola.
Allora il ragazzo, finora taciturno, disse ridendo:"Ispettore non riesce a non pensare al suo lavoro, vero?" e guardando Jem sorrise. Lei ricambiò il sorriso e tutti si misero a ridere.
L'ispettore Clain allora replicò:"E' la forza dell'abitudine. E tu, non ne prendi neanche uno?"
Jem chiese:"Non si presenta?"
"Ah! Certo. Il mio nome è Bob Mac Donald. Sarei la sua...guardia del corpo personale...il giorno e... la notte per proteggerla da..."Si bloccò. E l'ispettore continuò:" Vede miss O'hara noi eravamo venuti per questo ma...se lei non vuole..."
"Oh Sì, sì!" si interruppe per non scoprire subito i suoi sentimenti:"Io, volevo dire che ho riflettuto e penso che abbiate ragione voi!"
"Sono contento Jem" disse il medico.
"Sì, miss, penso che abbia fatto la scelta giusta." sentenziò l'investigatore.
"Tra poco sarai dimessa dall'ospedale. Contenta?"Annunciò il dottore.
"E...con la mia personale guardia del corpo" ironizzò Jem.
"Sì, verrò anche io, miss O'hara" disse Bob serioso.
"Mi chiamo Jem e voglio che ci diamo del tu." ordinò la ragazza.

lunedì 15 febbraio 2010

LA CANTANTE


Questo scritto risale a molto tempo prima dei precedenti. Lo deduco dalla carta utilizzata ma soprattutto dalla calligrafia. Potrebbe essere stato scritto nel 1984.

CAPITOLO I - LO SPARO

Nel mese di aprile Jem O'hara arriva in Italia per i suoi concerti. I suoi milioni di fans sono all'aereoporto di Milano ad accoglierla. L'atmosfera è tesa. L'arrivo di questa cantante è atteso da tantissima gente. Le guardie del corpo fanno strada tra la folla. Accanto a Jem O'hara si nota la presenza della sua manager Samantha Kanisky.
Un giornalista si avvicina alla signorina Samantha; con gentilezza le dice:"Buongiorno. Vorrei augurarle un buon soggiorno in Italia."
La signorina Kanisky sorride.
Il giornalista le offre una rosa rossa e le domanda:"Mi scusi, potrebbe anticiparmi i luoghi dei concerti ?"
"Mi spiace, ma..." e osservando la rosa continua "I luoghi e le date non sono ancora stabiliti. Comunque...Posso dirle che inizieranno solamente nel mese di giugno."
Il giornalista stupito le chiede:"Ma...Perché siete venuti così presto ?"
"In questo periodo ci sono molti impegni per Jem. Dovrà partecipare a vari programmi televisivi. Ma non ci fermeremo in Italia per molto tempo. Nel mese di maggio abbiamo in programma alcune serate in Inghilterra. Ma ora, se non le dispiace, devo andare."
"Oh! Sì sì, arrivederci e...grazie!"
"Di niente, goodbye!"
La signorina Kanisky si sistema i capelli, odora la rosa e raggiunge Jem che la sta aspettando alla macchina.
Si recano agli studi televisivi ma Jem è stanca e lascia la manager a gestire gli appuntamenti mentre lei decide di andare in hotel.
Sale in auto che parte a tutto gas verso l'albergo.
Durante il tragitto uno sparo entra attraverso il finestrino destro. La ragazza urla disperatamente: il proiettile la colpisce al braccio.
L'auto finisce contro ad un muro. La gente accore: Jem viene estratta dall'auto e portata in ospedale.
Il medico accerta che la ferita non è grave.
Jem è in un letto all'ospedale: è molto calma e tranquilla, non preoccupata.
All'improvviso però entra un ragazzo bellissimo accompagnato da un signore molto alto, dal medico e anche da Samantha.

giovedì 11 febbraio 2010

AMBRA E' GIA' FINITO

Poche pagine strappate da un'agenda e ritrovate tra i libri.
Non riesco a risalire all'anno in cui ho scritto queste parole, ma dalla scrittura, dal fatto che si citi Il Piacere di D'Annunzio e si parli con così tanto amore di Roma, immagino siano del 1993/1994.

Peccato che la storia si fermi qui e non ci siano altri appunti che mi aiutino a capire dove volevo arrivare, perché proprio non me lo ricordo.

lunedì 8 febbraio 2010

AMBRA - SECONDA PARTE -

Sentiva il sole caldo, l'aria tiepida e sognava.
Le venne in mente, senza volerlo, un'immagine del passato, aveva circa quattordici anni, o forse meno, si trovava a Parigi con la sua famiglia. Suo padre aveva alcuni riunioni importanti così sua madre portava i figli in giro per quella grande città, mostrando le vetrine dei quartieri più chic, le ville e i castelli più eleganti e sontuosi. Avrebbero dovuto anche pranzare in una famosissimo ristorante in pieno centro ma proprio Ambra rovinò questi progetti.
Perché la ragazzina, mentre la madre era impegnata in acquisti, si incantò guardando lo spettacolo di alcuni bambini lì, in mezzo ad una strada. Quando i bambini si spostavano lei li seguiva senza mai togliere l'attenzione da quei visi allegri ma molto provati dalla stanchezza, dai loro movimenti, dalle loro canzoni.
I genitori spaventati la cercarono per un paio di ore, Ambra non si era minimamente accorta del passare del tempo.
La ritrovarono intenta a farsi fare un ritratto che, purtroppo, la madre buttò considerandolo sudicio e senza valore, visto che era stato fatto da un misero pittore di strada.
Ambra accettò i rimproveri della madre ma, ancora oggi, ricordava i suoi occhi riflessi in quel disegno, come in uno specchio...
Ora finalmente poteva conservare un sudicio ritratto.

Ambra si era sempre considerata una ragazza fortunata, non si era mai lamentata con i genitori, non aveva mai chiesto più di quel che aveva. Ma, nonostante questo, non era mai stata felice in casa sua. Cercava sempre di isolarsi in camera sua leggendo fiumi di parole e cercando di scrivere tutto ciò che le passava per la mente. A volte, di nascosto, dipingeva o ballava, o cantava.
I genitori non avrebbero capito i suoi interessi, come non avrebbero capito quei pomeriggi in cui Ambra si recava alla Casa degli Orfani in città per aiutare le suore, sempre troppo impegnate, o per passare momenti di allegria con quei bambinetti che l'adoravano.
Durante quelle fantastiche ore Ambra era veramente felice. I genitori pensavano che la loro figlia devota si recasse dall'amica Joanna o al club sportivo.
Con Joanna passava pochissimo tempo, era una ragazza simpatica ma troppo superficiale, per lei il massimo della vita era fare shopping o chiacchierare seduta al tavolino del bar, come una vera signora. E del resto Ambra al club ci andava per fare un po' di sport: nuoto, tennis, un po' di palestra...ma non sempre...Considerava importante fare un po' di movimento ma l'ambiente del club era troppo snob e ciò la deprimeva.
Nessuno conosceva queste sue idee, questa rispettabilissima figlia dell'ancor più rispettabilissimo padre era sempre ben educata, sempre sorridente e spigliata durante i ricevimenti, sempre perfetta in ogni occasione.
Anche crescendo aveva sempre recitato benissimo la sua parte: a scuola era molto brava e si impegnava molto, non aveva mai suscitato scandali, suo padre non amava finire sui giornali...
Terminati gli studi si inserì brillantemente nel mondo del lavoro, naturalmente suo padre le aveva trovato un ottimo impiego come direttrice delle pubbliche relazioni della sua immensa multinazionale.
Che opera d'arte, che vita da film: bella, ricca, con ogni possibilità.
Ambra era consapevole di essere fortunata e considerava il fatto di non trovarsi a proprio agio nel suo ambiente come un pegno da dover pagare alla fortuna.
Del resto vedeva intorno a sé la povertà, la vera infelicità di gente che viveva di stenti, di ragazzi sfortunati senza lavoro.
Odiava le persone che si lamentavano per motivi futili e che non alzavano gli occhi sulla vita vera che non è fatta solo di feste, pranzi e shopping!
Come non capiva quelle ragazze ricche che volevano morire perché troppo infelici.
Già è forse vero che i soldi non fanno la felicità ma sono una base solida su cui potersela costruire, questa felicità, che non sempre scende dal cielo come le ricchezze di famiglia di cui poter disporre senza nessuna fatica, che ci vengono date gratuitamente.
E poi, Ambra, era convinta di avere la grande opportunità di poter aiutare gli altri, di poter dividere la propria fortuna.
E, grazie a questo, di capire, che anche per i più benestanti la felicità si trova nelle piccole cose, nell'amore di chi ti sta accanto, nella soddisfazione di donarsi gratuitamente.

giovedì 4 febbraio 2010

AMBRA - PRIMA PARTE


Ambra non era mai stata così entusiasta nel visitare una città: Roma.
Roma in quei giorni primaverili era fantastica, così romantica e interessante, così ricca di storia e di immagini sempre nuove.
Il viaggio in Italia era stato programmato nei minimi dettagli e Roma era la tappa principale di questa avventura.
Piazza di Spagna con i suoi colori, i suoi fiori, quegli artisti che dipingevano sulla scalinata di Trinità dei Monti.

Ambra si lasciava trasportare da questa piazza così mondano ma soprattutto era incantata da quella scalinata che rappresentava un po' il suo spirito, così libero e indipendente ma così sensibile e colorato.

La fantasia...Roma in quel momento rappresentava la fantasia, questo dono così grande nella sua originalità.
La fantasia in tutte le cose, in ogni momento, quel pizzico di imprevedibilità, quella capacità di stupire...Ambra amava tutto questo, come amava quegli artisti squattrinati che dipingevano il suo viso e il suo sorriso con tratti così semplici e reali...quasi potesse parlare.

Farsi fare un ritratto, acquistare una rosa profumata e passeggiare per questa incantevole città: queste erano le piccole soddisfazioni di Ambra, potersi finalmente godere un po' di libertà.

Si trovava finalmente sola, forse dopo tanto tempo avrebbe avuto la possibilità di riflettere, di fermarsi un attimo per conoscere se stessa, troppo spesso lasciata ad un' immagine così faticosa da sostenere.

Passeggiando per il Pincio Ambra sognava, immaginava di essere quell'Elena Muti de "Il Piacere", così distinta e altera, o quella Maria, così dolce e pura...
Quasi cent'anni fa: quei ricevimenti così fastosi, i ritrovi degli intellettuali, l'arte, la letteratura, la bellezza. "Costruire la propria vita come un'opera d'arte"...
Tutto così perfetto, tutto studiato, pensato, gesti preparati appositamente per stupire, parole pronunciate con consapevolezza, che produceva l'effetto desiderato.
Tutto veramente Bello, esaltante.
Quest'opera d'arte così ben delineata, definita in ogni particolare, doveva essere esempio di vita, modello da seguire scrupolosamente.

Questi pensieri la angosciavano...
Amava leggere queste storie del passato ma la spaventava il fatto che, forse, la sua vita fosse un'opera d'arte. Ma non per la sua originalità, bensì perché studiata, vista e rivista, decisa a tavolino.
Doveva essere impeccabile, seria e composta.
E così quella fantasia, che tanto amava, si spegneva a poco a poco...

Ma non era certamente il momento di pensarci: si trovava a Roma, immersa in questo sogno d'altri tempi, sola, si sarebbe costruita un'opera d'arte del tutto nuova, diversa dal capolavoro della sua vita, ma molto più reale, più immediata, un dipinto favoloso, come quello che aveva tra le mani...

lunedì 1 febbraio 2010

STORIE DI AMORE E DI AMICIZIA - Un commento finale

La storia finisce qui.

Chissà se qualcuno l'avrà letta...

E' una storia molto semplice, quasi infantile e legata molto ad un sentimento provato durante quell'estate anche se non è autobiografico.

E' certamente il racconto più lungo scritto nella mia infanzia/adolescenza, perché soprattutto crescendo mi limitavo a scrivere delle tracce, delle idee o dei passaggi che poi non completavo.

Vorrei mantenere due appuntamenti fissi a settimana: lunedì e giovedì, continuando a trascrivere le parole del mio passato.