Fabio credeva di essere solo, stava parlando ad alta voce, aveva bisogno di sfogarsi ma sapeva ormai da tempo che a nessuno interessavano i suoi pensieri.
Non era solo, molto vicino a lui c’era una persona, una persona molto speciale.
Fabio aveva poco più di quindici anni, si era da poco trasferito alla periferia di Bari.
Viveva in centro, prima.
Prima aveva una casetta nel centro storico di Bari, negozio sotto, quattro stanze sopra. Il papà si occupava del negozio, la mamma della casa, lui e suo fratello del quartiere…
Sì, era bello vivere a Bari vecchia, si poteva girare per le strade senza incontrare troppe auto, si passava da una casa all’altra senza i rimproveri dei genitori, ci si sentiva bene.
Ai ragazzi non interessava la crisi economica, la fatiscenza delle case, la delinquenza del mondo, a lui, a suo fratello e ai loro amici affascinava questo piccolo mondo di gente conosciuta, di vicoli e portoni amici, di allegria e soprattutto di gran divertimento.
Prima, la mamma cucinava piatti succulenti e profumati; prima, il papà riforniva il negozio con dedizione e senso degli affari. Prima.
Non si può mai sapere quanto poco basti per cambiare la vita alle persone.
Non era cattivo il papà di Fabio, era una brava persona, tutti dicevano che era una brava persona.
Ma Fabio, a volte, non ci credeva più.
Adesso si trovava qui in periferia, non c’era più nessuno. Suo fratello era salito al nord per studiare, lavorare e cercare di vivere meglio. Lui era lì, non c’erano vicoli, né stradine, né portoni, né vecchie e bellissime case bianche, né piccoli negozi pieni di ogni cosa.
La periferia delle grandi città può essere più o meno bella, magari in certe città hanno anche cercato di renderla vivibile, lui non sa. Qui lui non vive bene.
Cerca di stare lontano dagli altri per paura di finire male, così è solo e probabilmente finirà male comunque.
La mamma piange, sempre. Non cucina più, non pulisce quasi più, piange.
Il papà…beh! Il papà ha deciso di vendere tutto e comprarsi due stanze in periferia perché tanto i figli se ne andranno presto. Con quel poco che avanza ci campiamo per un po’ e poi si vedrà…
Fabio si chiede cosa aspetti suo padre a trovarsi un lavoro, lo sa che è difficile, tutti ne parlano, ma tanti lo trovano. Suo padre era bravissimo nel suo lavoro, tutti lo ammiravano.
Prima.
- Ti confidi con il mare ? Anche per me è un buon amico.
- Cosa ?
- Scusa, non volevo disturbarti. Mi chiamo Diana.
- Diana ? …Ah…Ciao…Fabio…
Diana…Chi sei Diana…il tuo nome parla di guerra ma i tuoi occhi parlano di pace…la tua bocca parla di serenità e i tuoi capelli sono così belli che mi sento male…
Prima.
Tutto può cambiare, in un attimo, Fabio l’ha imparato abbastanza presto, con la morte del nonno. Ma con la rapina al negozio si è reso conto che tutto può essere distrutto in un attimo.
Il padre non aveva una pistola, ma il ladro sì. Suo padre era bello, agile e atletico, molto sveglio e coraggioso. Questo era per lui suo padre. Prima.
Ha preso la pistola del ladro e gli ha sparato. E’ morto. E con lui una parte di suo padre, sicuramente di sua madre e un bel pezzo anche di lui e suo fratello e della loro vita, dei loro momenti felici, delle loro marachelle in giro per il quartiere; dei baci allegri che si scambiavano mamma e papà, che la nonna diventava rossa di rabbia quando li vedeva “Cosa vi viene in mente davanti a tutti !!!” Come si arrabbiava, e naturalmente mamma e papà si divertivano a vederla così impettita e si mettevano anche a danzare abbracciati per dimostrare quanto si amavano.
Suo padre si vergognava per quello che aveva fatto, si sentiva in colpa. Non fu condannato: legittima difesa.
Ma non poteva più vivere. Non riaprì il negozio per alcuni mesi, quando lo riaprì aveva perso molti clienti. Aveva trovato conforto solo nel bicchiere…di vino…Piangeva di nascosto, inizialmente beveva anche di nascosto ma poi non si nascose più. Non abbracciava più la mamma. E forse la mamma dentro di sé non riusciva a perdonarlo. Perdonarlo di cosa? Di aver difeso la sua vita e il suo negozio ? Fabio non condannava suo padre. Per lui era un eroe che aveva saputo difendere la sua roba, la sua vita e la sua famiglia. Ma il suo eroe si sgretolava giorno dopo giorno davanti ai suoi occhi. Non passarano molto tempo ancora in quella casa. Un anno dopo erano in periferia, per scappare agli occhi della gente più che alla crisi delle vendite, per scappare ai ricordi di una vita felice che non sarebbe più riuscito a far tornare.
Lui beveva, dormiva e piangeva.
Lei dormiva e piangeva.
Fabio non piangeva e spesso non dormiva.
Voleva lavorare, ma i soldi per farti studiare ce li ho diceva suo padre. E lui andava a scuola. Che non significa studiare, che non significa avere un futuro.
Lei era lì seduta sul muretto con le gambe che dondolavano sull’acqua del mare…Probabilmente frequentava la sua scuola, pensò Fabio. Come non averla notata prima, si chiese.
Fabio non amava marinare la scuola, aveva paura della reazione del padre, da quando era in quello stato gli faceva paura. Passava le ore in classe spesso anche ascoltando la lezione, poi usciva, camminava e si sedeva davanti al mare e stava lì per qualche tempo a lanciare sassi, a pensare e anche a parlare ad alta voce. Poi se ne tornava a casa, fingeva di studiare, guardava un po’ di televisione, si preparava un panino con il formaggio e andava a letto.
Amici ? Capitava che prendesse l’autobus e arrivasse fino al centro per passare un po’ di tempo con i suoi amici, i suoi veri amici di un tempo. Ma si sa che a questa età è difficile mantenere le amicizie senza condividere tutto il tempo. Quindi si accorgeva di essere un intruso, o forse era lui che si sentiva come tale e le visite si facevano sempre più scarse.
Suo fratello gli telefonava spesso, un po’ lo incoraggiava e un po’ lo terrorizzava “Non dare confidenza a nessuno, cammina a testa bassa, non farti amici in quella zona. Studia, non farti bocciare, tra poco vieni su da me !”
Ma lui lì ci doveva vivere, non ne poteva più di camminare a testa bassa nel quartiere per non finire in brutti giri, a testa bassa a scuola per non rischiare di diventare amico di gente per bene, benestante che comunque non avrebbe potuto frequentare…Perché anche questo gli toccava sopportare “Ti mando in una buona scuola, perché voglio che tu abbia una buona istruzione, ma non farti amico di quei figli di papà, perché ti faresti solo del male, tu non puoi mantenere il loro stile di vita, ti tratterebbero come un pezzente !” Questo gli diceva suo padre.
E sua madre diceva solo “Vai in chiesa, Vai in chiesa” Ma in chiesa dove ? Non sapeva nemmeno dove fosse la chiesa e probabilmente anche se ne avesse trovata una lì vicina chi ci avrebbe trovato se non quattro vecchiette ? Non ci andava nemmeno lei in chiesa…
Suo fratello gli ripeteva sempre “Sei un bravo ragazzo, Fabio, sarai qualcuno vedrai. Sei forte !”
Era vero, era forte Fabio. Non aveva niente e non cercava niente. Questa era la sua forza. Aspettava.
Guardava il mare. “Sono uno sfigato!”
- Sbaglio o frequentiamo lo stesso liceo ?
- Non so…
- Fai il classico al Margherita?
- Sì.
- Anche io: V ginnasio.
- Ah!
- Tu ?
- Anche io.
- Ma dai ? Che sezione ?
- C.
- Io D.
- …
- Abiti qui a Bari ?
- Sì.
- Io no vengo da Triggiano.
- Ah.
- Oggi mi fermo perché sto aspettando mio padre che viene a prendermi altrimenti prendo l’autobus e torno subito a casa.
- Certo.
- Sono circa venti minuti.
- Anche i miei.
- Come ?
- Eh sì, abito in periferia (almeno la smetti di rompere, sarai anche bella come il sole, ma smettila di parlare !!! Vedi come te la svigni se ti dico che abito in periferia)
- Certo che ci metti tanto. Chissà perché invece di chiamarla periferia delle città non danno un altro nome, come se fosse un altro paese. Sarebbe meglio, ci sarebbe più senso di comunità, non credi ?
- Mmh mmh
- Ti rompo vero ?
- No..No..
- Lo so, parlo tanto, sai sono del segno dei Pesci, siamo molto sensibili e sognatori ma parliamo anche molto. Tu di che segno sei.
- Non lo so.
- Se mi dici quando sei nato te lo dico io.
- Ottobre. Il 5.
- Ah! Bilancia. E’ un bel segno. Equilibrato. Amante dell’aria aperta e della bellezza.
- …(della bellezza di sicuro perché tra un po’ svengo e cado in mare se continui a guardarmi con quegli occhi).
- Adesso arriva mio padre. Ti saluto. Spero di incontrarti ancora a scuola.
- Ciao.
La prima impressione di Fabio alla vista di Diana era stata “Sono in Paradiso” ma poi la sua mente razionale (oppure equilibrata, come aveva detto lei) gliela aveva descritta come la ragazza super simpatica, gentile con tutti che parla solo per non stare zitta e tra due secondi si dimentica di te.
Lui certamente non l’avrebbe dimenticata.
Per passare il tempo prese l’autobus e si diresse in centro, aveva voglia di vedere i suoi amici…non doveva escludersi, erano l’unica ancora di salvezza.
Non aveva il motorino Fabio, tutti avevano il motorino, lui no. Figurati. Tutti avevano la playstation lui no, tutti avevano Sky lui no, tutti avevano l’ipod lui no.
Lui aveva una vecchia televisione ma non poteva quasi mai scegliere cosa guardare e una vecchio stereo ma pochissimi cd da ascoltare, si sintonizzava sulla radio, ma non è che ci fosse la possibilità di farlo spesso, perché in due stanze…
Saliva spesso con Marco, cioè ogni volta che andava a trovarlo, facevano un giro. A volte glielo faceva guidare, non aveva nemmeno il patentino. Ma se ne fregava. Erano gli unici momenti di divertimento. Avrebbe voluto scappare di casa e tornare a vivere lì, a casa di qualche amico, oppure avrebbe potuto chiedere ospitalità alla vecchia che viveva sola in fondo alla strada…o forse no.
Dove nasce questa storia.
Dove nasce questa storia.