Marta si svegliò trovandosi sdraiata per terra, aveva freddo, si sentiva la febbre.
Nel prendere una coperta si vide riflessa nello specchio con gli occhi gonfi di lacrime, il trucco colato e un colore cadaverico.
Guardò quel vestito, bianco, pensò a tutte le parole inutili dette quella sera a chi le chiedeva se si sarebbe presto sposata, mentre rispondeva con ironia alle domande considerava l'idea del matrimonio come lontana, non necessaria in quel momento in cui tutto procedeva così bene.
Invece eccola lì, distrutta e sofferente, con uno sguardo allibito e un peso enorme sul cuore, con una rabbia violenta che esita ad esplodere.
Passò più di una settimana rinchiusa in casa senza contatti con nessuno. E' inutile negare che pianse molto e si disperò ma dentro di lei si faceva sempre più strada una forza che distruggeva piano piano la disperazione.
Perché se fosse stata lasciata in un altro momento, in un altro modo, per un altro motivo o per un altra donna, Marta avrebbe potuto soffrire all'infinito ma essere lasciata da un uomo che diceva di amarla perché era felice, le sembrava una crudeltà per cui non dover soffrire eccessivamente.
Questa forza riuscì a rimetterla in piedi, a spingerla ad uscire di casa e a continuare a vivere ma non placò la sofferenza e da quel giorno non pronunciò mai più il nome di chi le aveva fatto così male, da quel giorno ogni volta che le capitava di sentirlo dire da altri, una fitta la colpiva ancora e questo durò per molti anni, nonostante tutto.
Il primo passo fu la ricerca di una casa. Fece le valigie dieci giorni dopo che lui se ne fu andato e si trasferì in albergo: non rimise più piedi né in quella casa né in quel quartiere.
Trovò un'appartamento senza pretese in un quartiere poco elegante. Passò quasi un mese a pulirlo e sistemarlo a proprio immagine, con libri sparsi ovunque e fotografie appese ad ogni parete.
Nel mese di maggio avrebbe iniziato le riprese di un film dal titolo emblematico che le martellava spesso in testa "I love you, I love you not*" e anche la storia, che parlava di una ragazza adolescente di origine ebrea che si innamorava del più popolare della scuola e veniva poi umiliata quando le sue origini venivano scoperte, sembrava scritta apposta per farle affrontare il dispiacere.
Voleva prepararsi al meglio per quella parte: doveva essere in splendida forma per interpretare un'adolescente adesso che aveva 22 anni.
Passò parecchio tempo a fare lunghe passeggiate sulla spiaggia, respirando l'aria dell'oceano che la tranquillizzava, riprese a mangiare in modo sano e regolare, a riposare e dormire tutta la notte. Le occhiaie sparirono, il sorriso tornò ad essere luminoso ma lo sguardo rimasto a tratti triste e deluso, si rivelò perfetto per quel ruolo.
Il bello della scuola era interpretato da un attore emergente molto affascinante, simpatico e ironico al punto giusto, che riuscì a mettere a suo agio Marta dal primo momento.
Passavano molto tempo insieme anche terminate le riprese. Marta ne approfittava per visitare i luoghi in cui il film era ambientato e Jude l'accompagnava sempre.
Jude era un ragazzo piuttosto spensierato e alla continua ricerca della conquista: si mise in testa di conquistare Marta non appena la vide apparire sul set, anzi, probabilmente, ci aveva già pensato quando gli avevano comunicato il nome dell'attrice con cui avrebbe lavorato.
Marta non aveva la minima intenzione di interpretare la parte della vedova inconsolabile, non avrebbe mai nemmeno pensato che la consolazione sarebbe stata così veloce, anche se superficiale, fatto sta che anche lei appena vide il viso sorridente e beffardo del suo collega sul set, ne rimase immediatamente colpita.
(*)Qui Marta prende la parte di Claire Danes
(*)Qui Marta prende la parte di Claire Danes
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