giovedì 25 marzo 2010

La discriminazione della donna (dopo aver letto Dalla Parte delle Bambine) - 1993

Oggi la condizione femminile non è più quella della fine degli anni sessanta e, anche se il mondo della dirigenza politica, economica e culturale è ancora sostanzialmente maschile, la donna vi svolge un ruolo da comprimaria proseguendo, ormai in ogni settore, la sua instancabile avanzata.
Tuttavia, nonostante le innumerevoli battaglie vinte, il femminismo non è ancora riuscito ad espugnare una mentalità fondamentalmente maschilista e una discriminazione che di fatto continua a sussistere.
Come ogni mentalità secolare, la mentalità maschilista è di difficile superamento: ci si scontra con idee radicate nella mente dei più anziani come dei giovani, forse troppo avvezzi al modello tradizionale della donna-docile-sottomessa-al marito.
Il conflitto con queste opinioni è inevitabile e viene superato con risoluzioni brusche, con rotture anche definitive, cercando di togliere totalmente importanza al "giudizio della gente".
La discriminazione, invece, nasce dalla concezione di ruolo sociale.
A parer mio, non esistono ruoli sociali definiti: l'uomo e la donna devono agire secondo le proprie possibilità, seguendo le proprie ambizioni.
Inevitabilmente questi ruoli saranno distinti, ma non contrapposti.
Distinti perché, è inutile negarlo, la donna e l'uomo sono profondamente diversi.
Questa varietà non implica alcuna subordinazione di un soggetto rispetto ad un altro: a partire dalla diversità fisica, donne e uomini hanno sensibilità e caratteristiche differenti, un diverso modo di esprimersi, una diversa capacità di comunicare: lo "scontro" tra questi due esseri viventi non può che essere positivo.
L'uomo e la donna si completano, si compensano, i loro ruoli sono complementari.
Ma questo può avvenire solo se si comprende questa differenza e se si crede nella parità di diritti e nell'uguale dignità.
Gli esseri umani sono diversi perché unici nel loro essere se stessi, ma questo è costruttivo solo se non prescinde dalla pari dignità sociale.
Invece l'uomo ha paura che la donna attacchi il suo incontrastato potere e la donna tende a chiedere spazio per realizzarsi nei settori in cui l'uomo è padrone, per contrastarlo e per dimostrare le proprie capacità.
Così la donna chiede di essere sempre più uomo, non cerca di realizzarsi secondo le proprie reali esigenze, ma sente il bisogno e l'obbligo di seguire gli stereotipi maschili.
La donna non chiede dignità per la propria natura, non esalta la propria femminilità, la propria sensibilità, ma se ne vergogna, le nasconde, negando che una donna possa sentirsi realizzata costruendo una famiglia, diventando madre.
La donna, per essere forte, dev'essere COME l'uomo.
E così la splendida figura femminile non rende partecipe l'umanità dei suoi pregi, ma assume tutti i difetti dell'uomo (logorato dal potere secolare) e li "perfeziona", rendendoli ancora più evidenti.
Secondo me, qualsiasi donna dovrebbe mantenere la propria identità, la propria personalità, facendo valere il proprio modo di essere. Perché non è il lavoro che rende "uguali", ma la persona, la personalità che sa manifestarsi, che sa farsi rispettare e rispetta gli altri, donne e uomini.
Ma la discriminazione si manifesta fin dalla tenera età: giochi differenziati, vestitini rosa e azzurri e così via crescendo, fino a quando si presenta la vera discriminazione nel campo del lavoro.
Ma, anche se ancora ci stupiamo di imbatterci in una dirigente donna, la situazione migliora costantemente: la donna studia con eccellenti risultati, è impegnata in ricerche scientifiche, ha un'ottima carriera e ottiene molto successo.
Purtroppo però, secondo me, accanto a donne che sfruttano le proprie capacità per migliorare la realtà femminile in genere, ci sono donne che con i loro atteggiamenti alimentano la discriminazione.
Sto parlando della moltitudine di donne-oggetto che riempiono le pagine di qualsiasi rivista, che occhieggiano dai cartelloni pubblicitari e che mostrano "le proprie grazie" nelle trasmissioni televisive.
La donna vende il suo corpo per il successo, per la popolarità a qualsiasi costo. E si discrimina quando si rende schiava della bellezza, quando "la ruga" diventa il problema più grave e il desiderio di piacere e di essere ammirata diventa l'unico obiettivo della propria vita.
Questo modello è stato proposto dalla donna stessa per facilitare l'ascesa al successo, (e qui la prof ha scritto: sicura?)e anche se l'uomo l'ha accettato ben volentieri, sta alle donne sfatare il mito donna-oggetto, accettandosi come DONNA, con tutte le ricchezze e tutte le difficoltà che questo comporta.

Voto: 8

lunedì 22 marzo 2010

La scuola - 25 marzo 1992

Ecco un tema che ho scritto in quarta superiore, mi è capitato nella ricerca dei miei scritti e ho voluto trascriverlo perché è molto attuale:

Periodicamente radio, televisioni e giornali rispolverano il problema della scuola, parlano di riforme, di un rinnovamento e di un cambiamento del sistema scolastico, ma troppe volte queste bella parole rimangono tali.
E intanto la scuola non piace: è odiata dagli studenti, è criticata dai professori ma nessuno fa niente per cambiare e per cambiarla.
In questo modo si formano ragazzi stanchi e demotivati, ed insegnanti troppo legati al libro di testo e al programma ministeriale, che si chiudono a riccio: gli studenti accusano i professori di essere trppo severi, i professori rimproverano ai loro alunni menefreghismo e poco tempo dedicato allo studio.
Ma la scuola cos'è: un conflitto di interessi tra colui che siede in cattedra e coloro che gli stanno di fronte?
Vocabolario alla mano, la scuola è "un'attività organizzata per la formazione educativa e l'insegnamento di una serie di discipline".
L'interesse, dunque, dovrebbe essere unico e l'obiettivo che ci si pone raggiunto in stretta e armonica collaborazione.
Purtroppo le spiegazioni dei professori e lo studio degli alunni sono estremamente finalizzati ad un unico punto di arrivo, il voto.
E' attorno al voto che si muove la scuola: la necessità di interrogazioni e verifiche a raffica e contrapposto il tentativo di fuggire, di riviare il più possibille questi temutissimi controlli scritti e orali.
E' un problema serio che, dal mio punto di vista, è la causa-conseguenza dell'inefficienza del sistema scolastico.
E' necessario partire dall'inizio: fin dai primi anni d'insegnamento il lavoro dovrebbe essere diverso, semplice, simpatico ed educativo, in modo che i bambini, i ragazzi e poi gli adolescenti, vadano a scuola con il desiderio di imparare a leggere e a scrivere perché questo dà loro la possibilità di esprimersi e proprio per questo vorranno conoscere sempre di più, allargare la propria cultura e il proprio sapere per poter dare un'opinione personale in ogni campo, a proposito di qualsiasi argomento, e rielaborando le nozioni apprese potranno manifestare un pensiero personale e soprattutto libero.
La scuola dovrebbe essere tutto questo: studiare per conoscere, per apprendere, per assimilare e non per il voto, per la sufficienza, per la promozione.
Ma come si fa a rendere tutte le discipline, anche le più piatte e monotone, interessanti, ricche di spunti di riflessione e discussione ?
Secondo me ciò è possibile aprendo la scuola al mondo, permettendo alla realtà di tutti i giorni, agli avvenimenti di vita quotidiana di integrarsi e amalgamarsi con l'insegnamento scolastico.
In questo modo lo studente ha una formazione più completa, può allargare i propri orizzonti; andare a scuola non dev'essere un rinchiudersi sotto una campana di vetro, ma dev'essere una strada nel mondo che aiuta a conoscere, a criticare, a cambiare le realtà negative, che educa ad amare e valorizzare i lati positivi e, soprattutto, la vita di ognuno di noi, dal più misero barbone della strada al più ricco e potente imprenditore.
Visto che la scuola deve dare anche una formazione educativa è giusto che svolga questo compito importantissimo ma, troppe volte, bisfrattato.
Quest'attività dev'essere svolta fin dalle elementari in modo che l'alunno non arrivi negli anni della maggiore età con una mentalità menefreghista.
La scuola non deve "stampare" tecnici, ragionieri, biologi ma aiutare nella formazione di uomini, inseriti in mondo di uomini che, grazie a quel tipo di scuola, hanno nozioni più vaste ed una specializzazione utile per il futuro.
Ma veramente utile: per questo sarebbe opportuno non inculcare nella testa degli studenti semplicemente una gran quantità di concetti teorici, ma integrare con la messa in pratica di ciò che si impara sui libri.
In questo modo, se si vuole inquadrare, lo si fa nel modo più opportuno: insegnando una professione e una professionalità!
Nella scuola italiana, infatti, mancano attività integrative alle classiche ore di lezione. Certo non bisogna generalizzare: spunti positivi si trovano in parecchie scuole.
Però, secondo me, integrare significa sistematizzare queste attività, amalgamarle con le ore di lezione.
L'attività integrativa, intesa come dibattiti, convegni, mostre, visite d'istruzione, cineforum (ma intendo anche stage per imparare la professione), diventa scuola, diventa insegnamento, diventa educazione e non una scusa per non far lezioni, ma nemmeno una penalizzazione perché con gli impegni di queste attività, non si possono preparare interrogazioni o verifiche.
E anche lo sport dovrebbe essere inserito all'interno della scuola: lo sport è uno svago istruttivo, oltre che un bene per la salute, aiuta a socializzare, ad impegnarsi per raggiungere uno scopo, aiuta a saper faticare, a lottare per i propri obiettivi, ed inoltre lo sforzo fisico permette di rilassarsi dallo stress mentale che, logicamente, le ore di spiegazione e di studio provocano.
Troppo bello per essere vero...
Ho l'impressione di parlare di qualcosa che non c'è e non potrà mai essere, di un'utopia.
Forse a causa di un'apatia diffusa, soprattutto in noi giovani, riacquistare la fiducia nella scuola rimarrà sempre e solo un'utopia ma forse no...
I partigiani alla fine della seconda guerra mondiale, le femministe per una parità di diritti, gli abitanti dell'Est europeso per la libertà, ed anche i sessanttottini per la riforma scolastica, hanno lottato, hanno combattuto perché credevano nella libertà.
Certo sono paragoni un po' azzardati ma se crediamo che la scuola possa dare di più, se crediamo che la scuola può aiutare la società, perché non provare ?
E' difficile essere anticonformisti, è difficile contrastare la realtà dei fatti ma che sia difficile non significa che sia impossibile, anzi è una sfida in più!

Voto: 7 (tanto per curiosità)

giovedì 11 marzo 2010

LADY SARAH - FINE -

Peccato questo racconto mi incuriosiva. Avevo anche scritto l'elenco dei personaggi...pensavo durasse di più.
Tutto qui. Ancora qualche pagina strappata ad un'agenda. Probabilmente la stessa di AMBRA, quindi daterei ancora nel 1993. Sicuramente dopo aver letto "Il delitto di Lord Savile" di Oscar Wilde....
Non che sembri a quel racconto ma siccome ho letto pochi gialli nella mia vita e quello mi era molto piaciuto...

lunedì 8 marzo 2010

LADY SARAH - 2^ parte -

La polizia, nei primi giorni dopo la morte, condusse le indagini con discrezione, senza porre domande ma ispezionando con attenzione e ripetutamente la casa.
Durante le ricerche tutto il personale si dimostrò molto disponibile, a parte Minnie, piuttosto turbata dall'avvenimento e seccata dall'invadenza della polizia.
Una settimana dopo la morte di Lady Sarah, Sir Helmut svelò al marito e alla nipote della vittima un particolare che poteva risultare utile per il proseguimento delle indagini.
"Bisogna premettere che un veleno come la stricnina agisce molto velocemente ed è per questo che ritengo impossibile che il veleno si trovasse nella cena di quella sera e nemmeno nel the che la signora prendeva regolarmente alle ventuno. La stricnina inoltre ha un sapore molto sgradevole e amaro. Dev'essere perciò mascherato con un sapore molto forte. Ad esempio qualcosa di molto alcolico..."
"Sir Helmut, mi dispiace deluderla ma mia zia non beveva mai alcolici, li considerava dannosi alla salute e dal gusto troppo forte e inebriante." disse Lady Ketty.
"Già...Lady Sarah amava offrire del buon vino ai propri ospiti ma non ne prendeva mai....Preferiva sempre una tazza di the che beveva molto spesso, durante il giorno e anche la sera, prima di addormentarsi....
Mio padre le aveva portato un delizioso the alla rosa dalla Cina, che la rilassava molto." Lady Ketty parlava della zia con molto affetto.
"Benissimo" continuò Sir Helmut:" Dunque nessuno avrebbe potuto obbligare Lady Winderman a bere dello whisky".
"Nessuno!" rispose Lord Henry con fermezza.
"Comunque devo ancora informarvi della scoperta. Il giorno dopo la morte di Lady Sarah abbiamo trovato sotto il suo balcone dei pezzi di vetro frantumato.Guardate: il fondo di un bicchiere molto grande e altri pezzettini. Le analisi però non riescono a confermare se il bicchiere contenesse anche stricnina.
Purtroppo la pioggia di quella notte ha cancellato ogni traccia."
"E secondo voi il bicchiere è stato gettato dal balcone?" chiese Lord Henry.
"Certamente dal balcone di Lady Winderman. Ed inoltre è stato lasciato cadere a terra, lentamente."
"Da chi?" Lady Ketty era impaziente.
"Una domanda piuttosto complicata. Ora vi devo lasciare. Vi terrò al corrente."
"Grazie Sir Helmut. Arrivederci."
"Arrivederci Lordo Winderman. I miei omaggi Lady Ketty"
"Buonasera Sir Helmut."

giovedì 4 marzo 2010

LADY SARAH - 1^ parte -


Nei tuoi occhi vedo la mia anima riflessa in una luce oscura...

Sembrava una poesia, poche parole significative.
Lady Winderman fu trovata distesa nel suo letto con queste parole fra le dita.
I medici dissero che era stata avvelenata, senza dubbio.
Ma da chi e perché nessuno lo poteva spiegare: non c'erano indizi, nessun bicchiere, nessuna tazza. Niente.
Solo quel bigliettino.
Un punto di partenza piuttosto misero. Anche perché non ci si poteva spiegare il movente del delitto: Lady Winderman era stempre stata una donna generosa, molto allegra e disponibile, non aveva nessun nemico.
Inoltre da ormai tre anni era felicemente sposata a Lord Winderman, senza aver mai destato scandali e non c'erano nemmeno dubbi sulla fedeltà di entrambi.
Situazione troppo perfetta.
L'autopsia rivelò con certezza la morte veloce e indolore per avvelenamento da stricnina nella notte del dodici settembre alle tre e quarantacinque.

I coniugi Winderman vivevano dal giorno delle nozze in una lussuosa villa alle porte di Londra, ereditata da Lord Henry alla morte del padre, un ricco commerciante di preziosità orientali.
La casa, completamente arredataa in stile orientale e decorata con oggetti preziosi e raffinati, era circondata da un ampio giardino, interamente coltivato di rose di ogni colore.
Lady Sarah Winderman, infatti, adorava ogni tipo di rosa, in particolare quelle di colore bianco, così rare e delicate che amava raccogliere lei stessa per ornare ogni angolo della sua immensa villa con questi fiori candidi e profumati.
A villa Winderman lavoravano due giardinieri molto efficienti e silenziosi: Drive e Mensor.
Tutti i domestici abitavano in un'ala della casa, situata sul retro: il maggiordomo Kiks, sveglio e spiritoso, Minnie, una giovane ragazza irlandese, Sandy e John, coniugi americani capitati per caso in Inghilterra dopo una serie di sfortunose avventure in tutta Europa, e infine Mary, la cuoca, una donna puntuale, molto discreta ma disponibilissima e volenterosa.
I coniugi Winderman non avevano ancora figli ma con loro viveva una giovane nipote diciasettenne Lady Ketty Barman, figlia maggiore della sorella di Lady Sarah, molto affezzionata agli zii.

Con la morte di Lady Sarah la villa si rattristò profondamente: "Era una gioia, una luce sempre accesa, non s'adirava mai, sempre disposta ad ascoltare e perdonare..."Mary sembrava molto colpita dalla morte della padrona, s'inghiozzava in ogni momento, non riusciva a contenere il suo dolore.
Mary era molto affezzionata a Lady Sarah fin dal giorno in cui la conobbe. Viveva in quella casa da trent'anni, aveva servito Lord Elliot Winderman e sua moglie Anna fino alla loro morte e proprio ascoltandoli aveva cominciato ad amare Lady Sarah, adorata dal suocero e molto stimata dalla suocera.
Con la loro morte, in un viaggio a Parigi pochi mesi dopo le nozze del figlio, Mary  si era ancor più affezzionata a Lord Henry e alla moglie.
"Non aveva nessun nemico, glielo posso giurare. Dava molti ricevimenti eleganti, invitava molto spesso le sue amiche a prendere il the. Era amata da tutti. E' impossibile!"

lunedì 1 marzo 2010

LA CANTANTE - FINE

Ho faticato a trascrivere questo racconto...Sono passati veramente tanti anni, ero una bambina e mi sto ancora chiedendo da dove nascesse questa storia.
Comunque c'è un ultimo foglietto conclusivo:

"Sarà eseguito il giorno dopo il concerto milanese della cantante. Questo nessuno lo sa.
Durante il concerto circa a metà si svolgerà una sfilata di moda di un famoso stilista, Roger Philips. A questa sfilata parteciperà anche Jem. Il concerto ha inizio. Le guardie sono pronte ad impedire un eventuale attentato.. Però, come nessuno si aspettava, fino alla metà del concerto tutto è calmo e il clima è rilassato. Ma...sullo sfilare delle modelle uno sparo giunge da chissà dove. La polizia interviene immediatamente. Qualcuno è ferito, non si capisce chi. Il pubblico è agitato e spaventato; ben presto la sala è vuota e si senti il rumore di un'ambulanza avvicinarsi."
C'è un asterisco e una scritta, fine prima puntata.

Forse stavo scrivendo la sceneggiatura di un film...