giovedì 30 dicembre 2010

9 - Cambiamento di programma

Svegliarsi con accanto Marta per Brad fu una piacevole sorpresa, rassicurante e deliziosa.

Marta invece si sentì inizialmente imbarazzata, poi confusa tanto che corse velocemente in bagno a guardarsi lungamente allo specchio.
Voleva guardarsi mentre mandava a monte il suo progetto,  il sogno di viaggio in solitudine che coltivava da cinque anni. Si sentiva incoerente, sopraffatta da quel nuovo sentimento. “Sto facendo un errore? Sto sostituendo il mio sogno con un altro?”
Poi si accorse che  i dubbi nascevano pensando alle persone che erano a casa, ai loro commenti e alle loro convinzioni. Perché se ascoltava solo se stessa sentiva che stare con Brad, in questo momento, era quello che voleva, era quello che la faceva sentire serena. Non potevano esserci dubbi, sarebbe partita con lui, avrebbe vissuto alla giornata, come si era ripromessa partendo, e non si sa mai quello che la giornata ci offre, a volte, è un deciso cambiamento di programma!
Quando tornò in camera, dopo parecchi minuti, ad attenderla c’era una profumata colazione appoggiata sul letto. “Questo è proprio un sogno…” Spesso non accettiamo la felicità perché non ce ne sentiamo degni, a volte ci sentiamo in colpa nei confronti di chi non è felice  e ci costringiamo a non esserlo, ad allontanare la felicità, a cercare sempre qualcosa di nascosto che possa distruggerla. Oggi Marta decide che non ci deve essere per forza un motivo per cui capitano certi momenti di felicità e nemmeno vuole spiegarsi perché proprio a lei, oggi Marta decide di godere della vita, di essere grata per quello che le accade. Oggi Marta è felice e basta.
Dopo la colazione a letto, qualche battuta divertente e un po’ di scherzi affettuosi Marta e Brad si ritrovarono abbracciati, stretti, si ritrovarono a baciarsi con insistenza e videro uno negli occhi dell’altro che il desiderio voleva avere la meglio, che era il momento, non era né presto, né tardi, non dovevano pensarci, dovevano solo lasciarsi andare.
Ma la vita non è un film, questo infatti non accade mai nei film, quando si accorsero di non avere le necessarie protezioni cercarono di spegnere la passione, che scemò lentamente e cercò in tutti i modi di avere la meglio sul loro buonsenso. Ma non vinse.
Si rivestirono un po’ a disagio, piuttosto turbati per l’accaduto ma consapevoli di avere ancora tanto tempo per amarsi senza correre inutili rischi.
Marta e Brad lasciarono New York a malincuore, sarebbero rimasti volentieri ancora un po’ a godersi le possibilità offerte da questa immensa città.
L’arrivo a Los Angeles fu piuttosto traumatico, l’agente di Brad lo attendeva all’aeroporto e lo rimproverò per il suo ritardo visto che ormai ne era chiaro il motivo, attraversò velocemente una città enorme, caotica e trafficata per portarlo a casa dove avrebbe dovuto cambiarsi velocemente perché entro un’ora doveva essere presso un’emittente televisiva per la promozione del film.
Senza nemmeno rendersene conto Marta si ritrovò sola a Los Angeles nell’elegante casa di Brad.

lunedì 27 dicembre 2010

8 - L'attesa

Brad sentiva che Marta era una ragazza diversa da quelle che era abituato a frequentare.
Era attratto dal suo essere così allegra e, a tratti, infantile ma questo lo preoccupava perché non sapeva come comportarsi, non voleva ferirla, voleva proteggerla.
Dopo quel bacio la giornata era continuata ricca di scoperte e luoghi da vedere; dopo quel bacio camminavano mano nella mano, si guardavano più spesso di prima; dopo quel bacio ne seguirono molti altri, ogni angolo di strada era l’occasione per baciarsi, in ogni tragitto in auto si scambiavano qualche effusione. Brad si sentiva un ragazzino, Marta si sentiva se stessa.
Non rientrarono in hotel prima di cena perché la guida propose loro un ristorante molto romantico sulla via del ritorno e ne approfittarono.
Quando arrivarono in hotel erano entrambi molto stanchi e sudati dopo la lunga scorrazzata, il caldo oggi era aumentato.
Brad accompagnò Marta sulla porta della stanza e, anche se a fatica, si salutarono.
Era ormai mezzanotte quando Marta si mise a letto. Domani sarebbe partita per Los Angeles durante la mattinata, non sapeva di preciso a che ora ma erano d’accordo che sarebbe passato a chiamarla verso le otto, visto che entrambi si svegliavano sempre piuttosto presto. Domani sarebbe partita per Los Angeles con Brad Pitt. Non nascondeva che pronunciare questo nome la metteva a disagio, era solo una stella nascente ma non poteva negare di sentire una sensazione piacevole anche per il fatto che l’uomo con cui aveva passato questi splendidi giorni fosse anche Brad Pitt.
Brad non riusciva a dormire, pensava che se anche lei avesse voluto stare con lui non avrebbe saputo come trovarlo perché non sapeva il numero della sua camera. E anche se l’avesse saputo gli sarebbe venuto il dubbio che lei non avesse il coraggio di cercarlo e quindi si sarebbe trovato nella medesima situazione.
All’una Marta che non dormiva assolutamente sentì un timido bussare alla porta. La reazione istintiva di spavento si placò immediatamente sostituendosi alla speranza di sentire la sua voce: infatti era Brad che entrò con un atteggiamento tra l’imbarazzato e il divertito, inventando che non si ricordava di averle comunicato il programma del giorno seguente.
Non avvenne niente quella notte, oppure tutto perché Brad e Marta restarono a lungo abbracciati, in silenzio, a coccolarsi, a guardarsi, a cercare ognuno negli occhi dell’altro la conferma dei propri sentimenti e del proprio desiderio.
Ma conclusero, senza parole, che avevano ancora molto da dirsi e da farsi prima che quel desiderio arrivasse a compimento.

giovedì 23 dicembre 2010

7 - Il bacio

Aprendo gli occhi al mattino Brad pensò che gli sarebbe piaciuto trovare Marta accanto a sé, sentiva il desiderio di abbracciarla e accarezzarla.
Quando Marta aprì gli occhi pensò che spesso le capitava di non volersi alzare al mattino per continuare a sognare, invece oggi si accorse di essersi addormentata senza sogni e di non vedere l’ora di cominciare una nuova giornata.
Fu pronta che erano solo le 8.00 non sapeva quale fosse la camera di Brad ed era certa che non sarebbe venuto a cercarla prima delle 9.00, ancora non si erano dati appuntamento. Scese quindi nella hall per guardarsi un po’ in giro, invece lo incontrò, anche lui alla ricerca di qualcosa da fare per passare il tempo.
Oggi Brad le propose di non camminare: “Se ti va ho trovato una persona che ci farebbe fare il giro della città fino ad Harlem, ma anche Brooklyn, tutto quello che vogliamo. Ci potremmo fermare dove e quando vogliamo e in più ci racconterebbe un po’ di storia della città. Che ne dici?”
“Dico che non potevi avere un’idea migliore! Dopo tutti i chilometri che abbiamo fatto ieri non credo che oggi avremmo potuto ripeterci.”
Brad temeva che Marta avrebbe voluto continuare a soffrire per visitare New York, il fatto che avesse accettato con tanto entusiasmo lo sollevò.
La giornata passò veloce e intensa, Marta sentiva di avere New York nelle proprie mani, poteva vedere tutto quello che desiderava e poi nei giorni successivi si sarebbe dedicata ad approfondire ciò che più l’avrebbe colpita.
Brad e Marta non avevano ancora parlato dei giorni successivi. Quello che stava accadendo fra di loro non era chiaro, Brad non voleva che accadesse niente in modo forzato, veloce, innaturale e Marta era talmente presa dalla città, dai suoi sogni che nemmeno pensava che Brad potesse non farne più parte già dall’indomani.
Brad pensò di essere diretto: “Domani devo essere a Los Angeles!”
Marta non parlò ma il suo sguardo di terrore colpì Brad più di ogni parola e si affrettò ad aggiungere istintivamente, senza nemmeno averlo programmato:”Ti andrebbe di venire con me?”
Marta non si aspettava questa proposta, ma era chiaro che la gradiva e si affrettò a rispondere:”Pensi che non ci sarebbero problemi?”
“No, assolutamente. Mi sono appena trasferito in una casa molto carina, potrei ospitarti, sempre che tu non preferisca stare in hotel…”
Marta sorrise arrossendo, una parte di lei fingeva di non accorgersi di essere attratta da Brad:”Mi farebbe molto piacere…”
Si era creato un certo imbarazzo tra di loro, finora non era mai capitato che restassero senza parole e Brad sentiva più forte dentro di sé il desiderio di quella mattina quindi le si avvicinò lentamente e la baciò.
Marta provava la sensazione meglio descritta dai film quando tutto il mondo attorno scompare e restano solo lui e lei e il loro lungo appassionato inaspettato bacio.
Marta aveva 19 anni ma era ancora molto bambina, per certi versi. Aveva avuto solo Giorgio nella sua vita, nessuna altra storia, sempre con lui dall’età di 15 anni. E la loro storia era cresciuta molto lentamente, avevano saputo assaporare ogni tappa a lungo, senza correre.
Trovarsi abbracciata e baciata dall’uomo più bello e sexy che avesse mai visto era una sensazione nuova, travolgente e, stranamente, senza sensi di colpa.
Era capitato ancora che qualche ragazzo la corteggiasse magari anche insistentemente ma lei era sempre stata irreprensibile, fedele al suo Giorgio, fin troppo intransigente per le sue amiche che la invitavano a vivere altre storie per non pentirsene in futuro.
Adesso, era certa, non si stava pentendo di quello che stava accadendo, anzi avrebbe vissuto questi momenti con tutta la gioia che ne derivava.

lunedì 20 dicembre 2010

6 - New York

Brad sapeva di avere molti impegni e un'agenda fitta per la promozione del film, sapeva anche che si era preso qualche giorno libero per se stesso dopo la rottura con la fidanzata e  gli impegni degli ultimi tempi, aveva quindi deciso di fare una breve vacanza in Italia. Ma il tempo libero era terminato e oggi stesso avrebbe dovuto rientrare a Los Angeles.
Siccome gli impegni più importanti erano fissati per venerdì, accampando una serie di fantasiose scuse era riuscito ad ottenere il permesso di passare ancora un paio di giorni a New York. Si chiedeva se quel bisogno di rimandare il rientro a LA fosse dovuto a Marta, o fosse piuttosto a quello che provava stando con Marta, perché si sentiva libero, un po' incosciente e soprattutto il suo divertirsi con poco lo contagiava.
Nella sua camera Marta pensava che le ore passate in aereo l'avevano avvicinata a Brad in un modo che non conosceva, si sentiva coinvolta da lui, ma sentiva forte il piacere di essere ascoltata, piacere che nella sua vita pur circondata di parenti e amici, non aveva mai provato così forte; le sembrava di aver trovato qualcuno con cui condividere pensieri ed emozioni, senza condizioni, solo per il piacere di farlo. Una sensazione che non conosceva.
Non si erano dati appuntamento, ma il mattino successivo verso le 9.00 Marta sentì bussare alla porta, era già pronta per uscire perché non aveva intenzione di passare le ore negli Stati Uniti a dormire in un albergo e nonostante si fosse addormentata molto tardi si era concessa solo un'oretta in più di sonno.
Aprì contenta che Brad la fosse venuta a cercare, la faceva sentire sicura di sé.
Fecero colazione insieme e iniziarono a parlare animatamente come durante la traversata dell'Oceano: camminarono per molte ore, presi dalle loro parole e da tutto quello che New York può offrire.
Siccome la giornata era assolata, il cielo azzurro senza nuvole e la temperatura estiva non troppo calda, poterono percorrere molti chilometri: si fermarono parecchio tempo a Central Park raccontando uno per uno i film che avevano avuto come sfondo questo affascinante parco; si fermarono ad ammirare il Plaza e percorsero tutta la quinta strada, fermandosi spesso a commentare ciò che vedevano, per osservare meglio e naturalmente per fotografare, visto che nel budget di Marta per questa vacanza una parte cospicua era destinata alle spese per i rullini e le successive stampe fotografiche.
Ammirarono l'imponente St.Patrick Cathedral circondata dai grattaceli e si fermarono alla Public Library.
Le biblioteche erano un'altra passione in comune: Brad amava particolarmente l'architettura e l'estetica mentre per Marta erano la pura magia che scaturisce dai libri. Entrambi amavano leggere ma per Marta era qualcosa di indispensabile, Brad scoprì quindi che Marta oltre a divorare film era un'avida consumatrice di letteratura.
La biblioteca di New York li travolse a lungo. Quando riemersero continuarono fino all'Empire State Building, che per una cineasta che si rispetti, è tappa obbligata fino alla sua cima, teatro di romantici film.
Le numerose soste, la piacevole compagnia e il caldo sopportabile e, anzi, piacevole, non fece loro pesare i numerosi chilometri percorsi, continuarono deviando in Union Square e raggiunsero Madison Square, dove termina la quinta strada.
Continuarono poi fino a Wall Street, ammirarono il ponte di Brooklyn e si fermarono a Battery Park.
Si era fatta ormai sera,  i piedi un poco doloranti non davano particolarmente fastidio, ma avvertivano che  l'autonomia era terminata e, nonostante avessero mangiucchiato per tutto il giorno, sentivano il bisogno di sedersi per una rilassante cena.
Chiamarono un taxi che li portò in hotel dove si preparano per cenare in un piccolo ristorante e la cena si rivelò un momento in cui raccogliere le idee della giornata, assaporare la fortuna di essere lì e programmare la giornata successiva.
Era ormai mezzanotte quando rientrarono in albergo e si salutarono affettuosamente come la sera precedente, con una luce particolare negli occhi.

giovedì 16 dicembre 2010

5 - L'appuntamento

L'hotel in cui arrivarono, dopo un viaggio in taxi silenzioso in cui Marta guardava smaniosa fuori dal finestrino, cercando di godersi ogni strada, ogni angolo, ogni centimetro di quella immensa città, era invece molto elegante.
Marta non voleva sorprese per la sua prima tappa, voleva essere sicura di non sbagliare, quindi aveva prenotato una costosa stanza al Hotel Sheraton a Manhattan, sulla settima strada, a due passi da Broadway, vicinissimo al teatro Carnegie Hall e a poche centinaia di metri da Central Park: praticamente un sogno che si realizzava!
Si diedero appuntamento dopo un'ora dall'arrivo in hotel. Erano le 19.00 Marta era visibilmente stanca ma non si sarebbe lasciata sopraffare da questa condizione.
Arrivò nella stanza e si mise subito a svuotare il volutamente misero bagaglio: non poteva indossare i vestiti del viaggio ma erano i migliori che avesse, non poteva nemmeno telefonare a sua sorella che sarebbe stata sicuramente in grado di realizzare una composizione perfetta con quel poco che aveva: la prima ragione era che la chiamata sarebbe stata troppo costosa, la seconda che non voleva condividere quest'incontro.
Si ricordò di tutti i suoi valori, di tutte le coinvolgenti tesi racchiuse nei suoi temi che avvalorano la solita frase "l'abito non fa il monaco" e quindi si dirisse verso la doccia, si rilassò per un lungo periodo, sprecando molta acqua e si distese per qualche minuto.
Forse non avrebbe dovuto rilassarsi così tanto perché si addormentò, profondamente.
Brad aveva fatto qualche telefonata e contattato qualche conoscente per organizzare una bella serata con Marta, anche lui era piuttosto affaticato ma voleva passare ancora un po' di tempo con lei.
Quando si accorse del ritardo di Marta decise di aspettare un po' perché conosceva bene le donne e sapeva che farsi aspettare faceva parte del gioco. Ma quando i minuti cominciarono ad aumentare intuì quello che era successo. Il pensiero che lei non si non si fosse presentata all'appuntamento non lo sfiorò nemmeno, quindi chiese alla reception di poter chiamare la stanza di Marta.
Marta aprì gli occhi allo squillo del telefono e il suo sguardo cadde immediatamente sul'orologio appeso in camera: 20,30. Rispose maledicendo tutte le ore passate a dormire nella sua vita, promettendosi che non avrebbe dormito mai più perché dormire fa perdere i treni...Per fortuna la voce al telefono era quella di Brad che si rassicurava della sua salute e lei si scusò mestamente per il ritardo, chiedendogli di attendere ancora un quarto d'ora.
Così il problema dell'abbigliamento divenne minimale rispetto a quello dei capelli che rimasti ad asciugare con la testa appoggiata al cuscino avevano assunto una forma molto artistica. Quello che non le era mai riuscito in cinque anni di scuola superiore: rendersi presentabile in un quarto d'ora la mattina prima di uscire di casa, le riuscì invece perfettamente questa sera, tanto che si chiese se i vantaggi della maturità non siano anche questi.
Brad le sorrise affascinato dall'aria ingenua, e un po' colpevole, di Marta e lei ricambiò radiosa, inconsapevole dei pensieri divertiti di lui.
Brad sembrava leggerle nel pensiero per come aveva organizzato la serata, anche se, pensò Marta, non aveva nemmeno troppo bisogno di cercare nel suo pensiero in quanto gli aveva raccontato quasi tutto durante le otto ore del viaggio.
Nonostante lei fosse molto affamata si limitarono ad un paio di stuzzichini prima di raggiungere un teatro a Broadway in cui presentavano uno spettacolo che era in cima alla lista nelle cose da vedere: Grease.
Le sembrava di vivere un film e si chiedeva se probabilmente non si trattasse di uno dei suoi frequenti sogni ad occhi aperti vissuto con più intensità del solito.
Per cena consumarono qualcosa di veloce in uno dei numerosi bistrot e dopo una breve passeggiata decisero di ritornare in hotel perché non si può tener testa più di tanto alla stanchezza senza che questa faccia male.
Si salutarono affettuosamente nella hall dell'hotel perché per salire alle loro stanze dovevano prendere due ascensori differenti. Ma mentre stava entrando nell'ascensore Brad la raggiuse: "In effetti è piuttosto tardi è meglio che ti scorto fino alla porta della tua camera, per sicurezza."
Marta accettò volentieri le premure di Brad e la sua mente  annebbiata dal sonno e dalle emozioni  non interpretò diversamente il gesto di Brad.
Nonostante Brad fosse uomo dalle mille avventure, anche solo per le teorie di Marta sulla bellezza che tutto può, non lo sfiorò minimamente l'idea di entrare in camera di Marta, la vedeva come qualcosa di meglio di una ragazza da portare a letto.
E per fortuna non confidò a Marta i suoi pensieri altrimenti lei avrebbe trovato le forze per fargli un lungo discorso sul valore della donna, sul come gli uomini trattano le donne e su come le donne si lascino usare. E probabilmente nel suo letto non avrebbe mai avuto la possibilità di entrare.

lunedì 13 dicembre 2010

4 - Brad Pitt?!

Quando Marta realizzò che quell'uomo accanto a lei era lo stesso attore che aveva animato alcuni suoi sogni non si scompose più di tanto, questa scoperta avveniva dopo una lunga chiacchierata durata quasi quattro ore interrotta solo dall'aperitivo e dal pranzo offerti dalle hostess. Arrivò quindi in un momento in cui tra lei e Brad si era creata una certa intimità; si era molto aperta con lui, si era sentita ascoltata e spesso anche capita.
La descrizione più corretta del sentimento di Marta è l'accoglienza. Si era sentita accolta, a tratti coccolata da quest'uomo tanto più grande di lei ma così vicino a lei per idee, sogni e interessi.
Quindi non fece scene isteriche da fan scatenata, senza bisogno di trattenersi o di pensarci, le venne proprio spontaneo reagire così.
Parlarono quindi degli altri film interpretati da Brad e lei confessò di non averli ancora visti, di non averne neppure sentito parlato.
Brad era affascinato da Marta, anche la sua sincerità, a volte poco diplomatica, lo colpiva. Provava una sensazione simile a Marta, lui si sentiva a casa parlando con lei. Esprimeva certe opinioni che si sarebbe ben tenuto per sé se avesse discusso con qualcun altro. Si divertiva anche molto per l'ingenuità di questa ragazza che oscillava tra momenti di serietà e maturità ad altri in cui sembrava cadere dalle nuvole e rideva come una bambina.
Quando atterrarono all'aeroporto JFK a New York entrambi pensarono che il viaggio fosse stato più breve del previsto, ma entrambi erano piuttosto stanchi perché si erano concessi ben pochi momenti di riposo, entrambi si chiesero solo ora se con le loro chiacchiere e le loro risate avessero disturbato i silenziosi compagni di viaggio. Questi pensieri non se li confidarono, si limitarono a scendere silenziosamente e a camminare accostati fino al nastro del ritiro bagagli.
Mentre attendevano l'arrivo delle valige Brad chiese:"Hai già la prenotazione dell'hotel qui a New York?"
Marta rispose di sì, si era già preoccupata di cercarne uno in centro ma era l'unico hotel prenotato per il resto aveva molte informazioni, indirizzi e numeri di telefono ma nessuna prenotazione, né voli né hotel, particolare che aveva taciuto ai suoi genitori, voleva vivere alla giornata.
Brad si offrì di accompagnarla in hotel e aggiunse: "In realtà io non ho ancora prenotato nulla...Potrei fermarmi al tuo hotel così, se ti va, possiamo cenare insieme!"
"Certamente, non è un hotel molto lussuoso ma è proprio in centro, mi piacerebbe molto fare una passeggiata già stasera!"
"Non sono un grande esperto di New York ma potrei riuscire a farti una sorpresa."
Marta lo guardò incuriosita e affascinata, un po' le gambe le tremavano e si sentiva anche un po' stordita ma sorrise e si concentrò alla ricerca del suo bagaglio "Essenziale..." pensò non certo adatto ad una cena con Brad Pitt!

giovedì 9 dicembre 2010

3 - Un vicino spettacolare

Appena i suoi occhi incrociarono quelli dell’uomo accanto, Marta si sentì come spedita in un’altra dimensione, senza memoria del passato, senza interesse per il futuro, solo persa nel presente di quegli occhi. Ma, naturalmente, non lo diede a vedere, riuscì perfettamente a controllare le proprie emozioni e a salutare con il suo perfetto inglese l’affascinante passeggero.
Perché la bellezza non è tutto, anzi non è niente, si era sempre ripetuta. Così anche quest’uomo prestante, con penetranti occhi azzurri, una barba incolta ma non troppo, capelli lunghi ma non troppo, biondi ma non troppo e uno sguardo, sì quello troppo, non doveva farle cambiare idea.
Marta si era sempre chiesta perché la bellezza fosse distribuita in modo così disomogeneo tra gli esseri umani. La maggior parte delle persone può definirsi comune, né bella ma nemmeno brutta. Qualcuno invece rapina altri di tutti i pregi estetici che un corpo può avere. Non è giusto, si ripeteva sempre Marta, ci deve essere un terribile disegno per costringere qualcuno a soffrire tutta la vita per la propria bruttezza. Ma Marta, non per consolarsi in quanto era certamente graziosa, più a detta degli altri che di se stessa, credeva che anche essere particolarmente belli non fosse proprio una fortuna. Perché essere sempre al centro dell’attenzione, essere continuamente oggetto di commenti e complimenti e non dover nemmeno faticare troppo per ottenere quello che si vuole, alla fine, è frustrante.
Questi pensieri la distrassero e la fecero tornare calma e riflessiva, placando l’eccesso di euforia che l’incontro le aveva causato. Questo le permise anche di sentirsi a proprio agio accanto a quel ragazzo che si dimostrò particolarmente simpatico e iniziarono quindi a chiacchierare amabilmente, in inglese, ovviamente, situazione che la fece ancora più felice di quest ’incontro.

Così lei gli raccontò di avere 19 anni, di essere italiana, dato di cui lui si stupì complimentandosi per l’inglese very british di Marta, lo rese partecipe anche della propria avventura, rivelando il suo progetto di viaggio negli Stati Uniti alla ricerca di storie e culture da sempre sentite narrare nei film di cui lei è appassionata.
Brad, questo il nome del suo vicino, non si sbilanciò troppo a parlare di se stesso, dimostrandosi molto interessato a Marta, le pose parecchie domande riguardo al suo viaggio ma era anche curioso di sapere il perché di questa scelta e i motivi che l’avevano portata lì.
Marta e Brad parlarono per parecchie ore, risero per alcune battute di film che aveva entrambi amato, ne criticarono altri, si raccontarono la loro infanzia che avevano vissuto serenamente entrambi amati da una famiglia molto unita.
Marta spiegò che il cinema per lei era una vera passione, spendeva praticamente tutto quello che aveva per andare al cinema o acquistare video cassette di vecchi film. Amava certamente il cinema italiano, si entusiasmava anche per quello francese e apprezzava particolarmente quello inglese ma i film americani la stupivano sempre per la loro perfezione, per l’attenzione ai dettagli e per la spettacolarità ma, in particolare, era curiosa di conoscere una società che sentiva così lontana, così diversa, che se a volte le appariva magica, altre le sembrava crudele, cinica.
Brad si illuminò a sentirla così accesa nelle sue spiegazioni e si aprì con fiducia a Marta raccontandole che lui faceva parte del mondo del cinema americano, ci era appena entrato con tanta fatica e con molte porte sbattute in faccia. Aveva già trent’anni, aveva scelto questa carriera dopo aver studiato all’università senza laurearsi.
Ma adesso era molto felice perché stava andando tutto bene e proprio in questo periodo stava promuovendo un film in cui interpretava la parte del protagonista, un serial killer, e aveva già in corso altri progetti.
Marta dopo questa confessione lo guardò con attenzione, cercando di trovare in lui il viso di un attore che le fosse familiare, che avesse incontrato nelle sue numerose visioni cinematografiche. Poi un’immagine le si fissò nella mente ma fu lui a parlare prima che lei finisse di comporre il puzzle: “Brad Pitt, Thelma & Louise certamente lo avrai visto e immagino ti sarà anche piaciuto.”
“Sì, immagini correttamente. Non ti avevo proprio riconosciuto, comunque. Forse semplicemente perché non mi aspettavo di poter incontrare un attore americano ancor prima di aver toccato terra!”

lunedì 6 dicembre 2010

2 - A bordo

8 luglio 1993, Marta è in fila per salire sull'aereo: è l'ultima!
Non avrebbe voluto essere quasi in ritardo, correre per arrivare in tempo; era partita con largo anticipo da casa,  ma un insieme di traffico, problemi di ansia che l'hanno costretta a fermarsi più volte alla toilette e un paio di altri inghippi accaduti in aeroporto, la vedono costretta a salire per ultima la scaletta che porta all'aereo con le hostess che la guardano sorridenti ma un po' contrariate.
Marta porge loro la carta d'imbarco con un sorriso enorme e un'aria di scuse molto sincera, vede nell'hostess un immediato cambiamento di espressione, molto più indulgenti e ancora più cortesi:"Benvenuta Signorina Meli, ci segua".
Marta le segue aldilà di una tenda, un poco stordita perché i passeggeri sono seduti tutti dall'altra parte. Si ritrova in una stanza con sedili larghi e confortevoli con accanto spaziosi tavolini, una rilassante musica di sottofondo e un inatteso silenzio.
"Prego si sieda,  questo è il suo posto, ci chiami pure per qualsiasi esigenza, tra poco le offriremo un aperitivo."
Istintivamente Marta avrebbe voluto segnalare alle hostess che stavano commettendo un errore, invece si siede come un automa, con l'aria stralunata, stretto fra le dita il foglio della carta d'imbarco: c'è proprio scritto Prima Classe, ma lei è certa di non aver pagato per la prima classe e non ha dubbi che nessuno possa averlo fatto per lei, certamente un errore dei computer o degli operatori. La sua giovane mente capisce in fretta che essendo stata l'ultima a salire non dovrebbe avere grossi problemi a godersi il suo primo viaggio aereo in prima classe!
Il secondo pensiero corre al proprio abbigliamento: per fortuna ha scelto con cura come vestirsi per questo viaggio. Marta non è una persona che bada con particolare attenzione all'estetica ma questa mattina, complice il fatto che si fosse alzata molto prima dell'alba perché di dormire proprio non era questione, si era abbigliata con cura, truccata, ben pettinata e pure spruzzata qualche goccia del profumo tanto chic di sua sorella.
Seduta su quel comodo sedile, con l'aereo in movimento e le cinture già allacciate, si sentiva finalmente quieta, serena e ottimista.
Non aveva ancora guardato il suo vicino.

giovedì 2 dicembre 2010

1 - Pronta a partire

Avere superato la maturità si contendeva il primato di soddisfazione con il viaggio imminente: un viaggio pianificato con cura e desiderato da sempre.
Maturità al liceo linguistico e idee poco chiare per il futuro ma determinazione a godersi fino in fondo la vacanza negli Stati Uniti con partenza immediata, appena terminato l’orale: Marta non è ansiosa di conoscere il voto, può accontentarsi di saperlo per telefono da sua madre, certamente più impaziente di lei, quello che le interessa veramente è partire da sola per quest’avventura.
Risparmia dal primo giorno di scuola per questo progetto, i suoi genitori l’hanno abbondantemente finanziata come premio per l’ottimo lavoro svolto in questi cinque anni, però il fatto di aver contribuito al risultato, di aver compiuto innumerevoli rinunce per questo obiettivo, rende Marta orgogliosa e ancora più smaniosa.

Marta, situazione non frequente, ha scelto la scuola giusta per lei, perché ama le lingue: ha imparato l’inglese con tanta passione; non è mai stata solo una materia scolastica ma anche un hobby, un divertimento, un vero piacere. E lo sanno bene i suoi famigliari e i suoi amici costretti a sorbirsi in continuazione film in lingua originale e qualche volta addirittura senza sottotitoli, praticamente come un film muto per molti di loro.

Marta per questo viaggio ha superato anche lo scoglio del distacco dal fidanzato: non è stato facile, soprattutto per lui. Le litigate erano diventate frequenti e snervanti, ragione per cui Marta ha chiesto a Giorgio un periodo di distacco, doveva concentrarsi con tutta se stessa sull’esame di maturità e non poteva essere distratta da quelli che lei chiamava "i suoi capricci".

Vista l’incombente partenza sembra evidente che la separazione si protrarrà fino al termine della trasferta; Marta sa che potrebbe essere la fine della sua storia ma è consapevole che una relazione che supera una lontananza saprà crescere più forte e tenace: lei non vuole una storiella nata su i banchi di scuola portata avanti più per abitudine che per convinzione, vuole mettere alla prova il loro amore.

Salutare tutti con grandi abbracci e commossi arrivederci, stringere forte tra le braccia il fratellino e le sorelle con sguardi ammirati, rassicurare lo spaventato papà e accettare le ultime raccomandazioni dalla compiaciuta (anche se vorrebbe nasconderlo) mamma; salutate anche le amiche più care e naturalmente Giorgio, che con quello sguardo ti ha fatto ancora una volta capire quanto non approvi questa tua scelta, ma non ha detto nulla, ti ha baciato con passione per ricordarti che lui ti ama e ti aspetterà: Marta è pronta.
Nonostante l’amore che sente per tutte queste persone, non prova dispiacere all'idea di non vederle per parecchie settimane, è veramente euforica, quasi elettrizzata perché salutare loro è la prova che l’avventura sta veramente per cominciare!

martedì 30 novembre 2010

UNA STORIA INVENTATA


Non riesco a datare questa storia ma immagino sia stata scritta dopo che sono stata negli Stati Uniti in viaggio di nozze. Difficilmente può essere stata scritta durante i preparativi. In ogni caso ero una sognatrice di circa 22 anni.
E' una storia un poco assurda ma abbastanza divertente (non ha niente a che vedere con la Canalis, è stata infatti scritta moltissimi anni prima!).
Ho trovato tutta la trama, le ricerche effettuate e da effettuare, un lavoro abbastanza organizzato.
Proviamo a postare: non ridete!

Mi organizzo ancora come facevo prima: un post il lunedì e uno il giovedì.

domenica 18 aprile 2010

AL MONDO, A NOI (1989)


Ho paura di te
Sei grande, sei forte
Ho paura di te,
più ti conosco, più non ti capisco;
Ho paura di te,
hai due facce, due personalità,
sai darmi tutto ciò che desidero,
puoi farmi sognare,
puoi farmi passare momenti felici
ma io ho paura di te.
Tu puoi farmi morire,
mi volti la faccia nei momenti di dolore,
ti prendi gioco dei miei sentimenti.
E per colpa tua io soffro.

Come posso fare per cambiarti ?

Mi sento sciocca,
seduta su un banco di scuola.

Cosa posso fare per te?

Lo so...Infondo non è colpa tua
tu faresti di tutto per me,
ma sono gli altri, siamo noi
che ti abbiamo distrutto,
Ti abbiamo ridotto così!

Ti prego non vendicarti,
ho bisogno di te,
MONDO MIO
perché fin'ora hai subito
i nostri torti,
anche se ci hai fatto capire
che tutto ciò non ti piaceva
noi abbiamo continuato
a farti del male!

giovedì 25 marzo 2010

La discriminazione della donna (dopo aver letto Dalla Parte delle Bambine) - 1993

Oggi la condizione femminile non è più quella della fine degli anni sessanta e, anche se il mondo della dirigenza politica, economica e culturale è ancora sostanzialmente maschile, la donna vi svolge un ruolo da comprimaria proseguendo, ormai in ogni settore, la sua instancabile avanzata.
Tuttavia, nonostante le innumerevoli battaglie vinte, il femminismo non è ancora riuscito ad espugnare una mentalità fondamentalmente maschilista e una discriminazione che di fatto continua a sussistere.
Come ogni mentalità secolare, la mentalità maschilista è di difficile superamento: ci si scontra con idee radicate nella mente dei più anziani come dei giovani, forse troppo avvezzi al modello tradizionale della donna-docile-sottomessa-al marito.
Il conflitto con queste opinioni è inevitabile e viene superato con risoluzioni brusche, con rotture anche definitive, cercando di togliere totalmente importanza al "giudizio della gente".
La discriminazione, invece, nasce dalla concezione di ruolo sociale.
A parer mio, non esistono ruoli sociali definiti: l'uomo e la donna devono agire secondo le proprie possibilità, seguendo le proprie ambizioni.
Inevitabilmente questi ruoli saranno distinti, ma non contrapposti.
Distinti perché, è inutile negarlo, la donna e l'uomo sono profondamente diversi.
Questa varietà non implica alcuna subordinazione di un soggetto rispetto ad un altro: a partire dalla diversità fisica, donne e uomini hanno sensibilità e caratteristiche differenti, un diverso modo di esprimersi, una diversa capacità di comunicare: lo "scontro" tra questi due esseri viventi non può che essere positivo.
L'uomo e la donna si completano, si compensano, i loro ruoli sono complementari.
Ma questo può avvenire solo se si comprende questa differenza e se si crede nella parità di diritti e nell'uguale dignità.
Gli esseri umani sono diversi perché unici nel loro essere se stessi, ma questo è costruttivo solo se non prescinde dalla pari dignità sociale.
Invece l'uomo ha paura che la donna attacchi il suo incontrastato potere e la donna tende a chiedere spazio per realizzarsi nei settori in cui l'uomo è padrone, per contrastarlo e per dimostrare le proprie capacità.
Così la donna chiede di essere sempre più uomo, non cerca di realizzarsi secondo le proprie reali esigenze, ma sente il bisogno e l'obbligo di seguire gli stereotipi maschili.
La donna non chiede dignità per la propria natura, non esalta la propria femminilità, la propria sensibilità, ma se ne vergogna, le nasconde, negando che una donna possa sentirsi realizzata costruendo una famiglia, diventando madre.
La donna, per essere forte, dev'essere COME l'uomo.
E così la splendida figura femminile non rende partecipe l'umanità dei suoi pregi, ma assume tutti i difetti dell'uomo (logorato dal potere secolare) e li "perfeziona", rendendoli ancora più evidenti.
Secondo me, qualsiasi donna dovrebbe mantenere la propria identità, la propria personalità, facendo valere il proprio modo di essere. Perché non è il lavoro che rende "uguali", ma la persona, la personalità che sa manifestarsi, che sa farsi rispettare e rispetta gli altri, donne e uomini.
Ma la discriminazione si manifesta fin dalla tenera età: giochi differenziati, vestitini rosa e azzurri e così via crescendo, fino a quando si presenta la vera discriminazione nel campo del lavoro.
Ma, anche se ancora ci stupiamo di imbatterci in una dirigente donna, la situazione migliora costantemente: la donna studia con eccellenti risultati, è impegnata in ricerche scientifiche, ha un'ottima carriera e ottiene molto successo.
Purtroppo però, secondo me, accanto a donne che sfruttano le proprie capacità per migliorare la realtà femminile in genere, ci sono donne che con i loro atteggiamenti alimentano la discriminazione.
Sto parlando della moltitudine di donne-oggetto che riempiono le pagine di qualsiasi rivista, che occhieggiano dai cartelloni pubblicitari e che mostrano "le proprie grazie" nelle trasmissioni televisive.
La donna vende il suo corpo per il successo, per la popolarità a qualsiasi costo. E si discrimina quando si rende schiava della bellezza, quando "la ruga" diventa il problema più grave e il desiderio di piacere e di essere ammirata diventa l'unico obiettivo della propria vita.
Questo modello è stato proposto dalla donna stessa per facilitare l'ascesa al successo, (e qui la prof ha scritto: sicura?)e anche se l'uomo l'ha accettato ben volentieri, sta alle donne sfatare il mito donna-oggetto, accettandosi come DONNA, con tutte le ricchezze e tutte le difficoltà che questo comporta.

Voto: 8

lunedì 22 marzo 2010

La scuola - 25 marzo 1992

Ecco un tema che ho scritto in quarta superiore, mi è capitato nella ricerca dei miei scritti e ho voluto trascriverlo perché è molto attuale:

Periodicamente radio, televisioni e giornali rispolverano il problema della scuola, parlano di riforme, di un rinnovamento e di un cambiamento del sistema scolastico, ma troppe volte queste bella parole rimangono tali.
E intanto la scuola non piace: è odiata dagli studenti, è criticata dai professori ma nessuno fa niente per cambiare e per cambiarla.
In questo modo si formano ragazzi stanchi e demotivati, ed insegnanti troppo legati al libro di testo e al programma ministeriale, che si chiudono a riccio: gli studenti accusano i professori di essere trppo severi, i professori rimproverano ai loro alunni menefreghismo e poco tempo dedicato allo studio.
Ma la scuola cos'è: un conflitto di interessi tra colui che siede in cattedra e coloro che gli stanno di fronte?
Vocabolario alla mano, la scuola è "un'attività organizzata per la formazione educativa e l'insegnamento di una serie di discipline".
L'interesse, dunque, dovrebbe essere unico e l'obiettivo che ci si pone raggiunto in stretta e armonica collaborazione.
Purtroppo le spiegazioni dei professori e lo studio degli alunni sono estremamente finalizzati ad un unico punto di arrivo, il voto.
E' attorno al voto che si muove la scuola: la necessità di interrogazioni e verifiche a raffica e contrapposto il tentativo di fuggire, di riviare il più possibille questi temutissimi controlli scritti e orali.
E' un problema serio che, dal mio punto di vista, è la causa-conseguenza dell'inefficienza del sistema scolastico.
E' necessario partire dall'inizio: fin dai primi anni d'insegnamento il lavoro dovrebbe essere diverso, semplice, simpatico ed educativo, in modo che i bambini, i ragazzi e poi gli adolescenti, vadano a scuola con il desiderio di imparare a leggere e a scrivere perché questo dà loro la possibilità di esprimersi e proprio per questo vorranno conoscere sempre di più, allargare la propria cultura e il proprio sapere per poter dare un'opinione personale in ogni campo, a proposito di qualsiasi argomento, e rielaborando le nozioni apprese potranno manifestare un pensiero personale e soprattutto libero.
La scuola dovrebbe essere tutto questo: studiare per conoscere, per apprendere, per assimilare e non per il voto, per la sufficienza, per la promozione.
Ma come si fa a rendere tutte le discipline, anche le più piatte e monotone, interessanti, ricche di spunti di riflessione e discussione ?
Secondo me ciò è possibile aprendo la scuola al mondo, permettendo alla realtà di tutti i giorni, agli avvenimenti di vita quotidiana di integrarsi e amalgamarsi con l'insegnamento scolastico.
In questo modo lo studente ha una formazione più completa, può allargare i propri orizzonti; andare a scuola non dev'essere un rinchiudersi sotto una campana di vetro, ma dev'essere una strada nel mondo che aiuta a conoscere, a criticare, a cambiare le realtà negative, che educa ad amare e valorizzare i lati positivi e, soprattutto, la vita di ognuno di noi, dal più misero barbone della strada al più ricco e potente imprenditore.
Visto che la scuola deve dare anche una formazione educativa è giusto che svolga questo compito importantissimo ma, troppe volte, bisfrattato.
Quest'attività dev'essere svolta fin dalle elementari in modo che l'alunno non arrivi negli anni della maggiore età con una mentalità menefreghista.
La scuola non deve "stampare" tecnici, ragionieri, biologi ma aiutare nella formazione di uomini, inseriti in mondo di uomini che, grazie a quel tipo di scuola, hanno nozioni più vaste ed una specializzazione utile per il futuro.
Ma veramente utile: per questo sarebbe opportuno non inculcare nella testa degli studenti semplicemente una gran quantità di concetti teorici, ma integrare con la messa in pratica di ciò che si impara sui libri.
In questo modo, se si vuole inquadrare, lo si fa nel modo più opportuno: insegnando una professione e una professionalità!
Nella scuola italiana, infatti, mancano attività integrative alle classiche ore di lezione. Certo non bisogna generalizzare: spunti positivi si trovano in parecchie scuole.
Però, secondo me, integrare significa sistematizzare queste attività, amalgamarle con le ore di lezione.
L'attività integrativa, intesa come dibattiti, convegni, mostre, visite d'istruzione, cineforum (ma intendo anche stage per imparare la professione), diventa scuola, diventa insegnamento, diventa educazione e non una scusa per non far lezioni, ma nemmeno una penalizzazione perché con gli impegni di queste attività, non si possono preparare interrogazioni o verifiche.
E anche lo sport dovrebbe essere inserito all'interno della scuola: lo sport è uno svago istruttivo, oltre che un bene per la salute, aiuta a socializzare, ad impegnarsi per raggiungere uno scopo, aiuta a saper faticare, a lottare per i propri obiettivi, ed inoltre lo sforzo fisico permette di rilassarsi dallo stress mentale che, logicamente, le ore di spiegazione e di studio provocano.
Troppo bello per essere vero...
Ho l'impressione di parlare di qualcosa che non c'è e non potrà mai essere, di un'utopia.
Forse a causa di un'apatia diffusa, soprattutto in noi giovani, riacquistare la fiducia nella scuola rimarrà sempre e solo un'utopia ma forse no...
I partigiani alla fine della seconda guerra mondiale, le femministe per una parità di diritti, gli abitanti dell'Est europeso per la libertà, ed anche i sessanttottini per la riforma scolastica, hanno lottato, hanno combattuto perché credevano nella libertà.
Certo sono paragoni un po' azzardati ma se crediamo che la scuola possa dare di più, se crediamo che la scuola può aiutare la società, perché non provare ?
E' difficile essere anticonformisti, è difficile contrastare la realtà dei fatti ma che sia difficile non significa che sia impossibile, anzi è una sfida in più!

Voto: 7 (tanto per curiosità)

giovedì 11 marzo 2010

LADY SARAH - FINE -

Peccato questo racconto mi incuriosiva. Avevo anche scritto l'elenco dei personaggi...pensavo durasse di più.
Tutto qui. Ancora qualche pagina strappata ad un'agenda. Probabilmente la stessa di AMBRA, quindi daterei ancora nel 1993. Sicuramente dopo aver letto "Il delitto di Lord Savile" di Oscar Wilde....
Non che sembri a quel racconto ma siccome ho letto pochi gialli nella mia vita e quello mi era molto piaciuto...

lunedì 8 marzo 2010

LADY SARAH - 2^ parte -

La polizia, nei primi giorni dopo la morte, condusse le indagini con discrezione, senza porre domande ma ispezionando con attenzione e ripetutamente la casa.
Durante le ricerche tutto il personale si dimostrò molto disponibile, a parte Minnie, piuttosto turbata dall'avvenimento e seccata dall'invadenza della polizia.
Una settimana dopo la morte di Lady Sarah, Sir Helmut svelò al marito e alla nipote della vittima un particolare che poteva risultare utile per il proseguimento delle indagini.
"Bisogna premettere che un veleno come la stricnina agisce molto velocemente ed è per questo che ritengo impossibile che il veleno si trovasse nella cena di quella sera e nemmeno nel the che la signora prendeva regolarmente alle ventuno. La stricnina inoltre ha un sapore molto sgradevole e amaro. Dev'essere perciò mascherato con un sapore molto forte. Ad esempio qualcosa di molto alcolico..."
"Sir Helmut, mi dispiace deluderla ma mia zia non beveva mai alcolici, li considerava dannosi alla salute e dal gusto troppo forte e inebriante." disse Lady Ketty.
"Già...Lady Sarah amava offrire del buon vino ai propri ospiti ma non ne prendeva mai....Preferiva sempre una tazza di the che beveva molto spesso, durante il giorno e anche la sera, prima di addormentarsi....
Mio padre le aveva portato un delizioso the alla rosa dalla Cina, che la rilassava molto." Lady Ketty parlava della zia con molto affetto.
"Benissimo" continuò Sir Helmut:" Dunque nessuno avrebbe potuto obbligare Lady Winderman a bere dello whisky".
"Nessuno!" rispose Lord Henry con fermezza.
"Comunque devo ancora informarvi della scoperta. Il giorno dopo la morte di Lady Sarah abbiamo trovato sotto il suo balcone dei pezzi di vetro frantumato.Guardate: il fondo di un bicchiere molto grande e altri pezzettini. Le analisi però non riescono a confermare se il bicchiere contenesse anche stricnina.
Purtroppo la pioggia di quella notte ha cancellato ogni traccia."
"E secondo voi il bicchiere è stato gettato dal balcone?" chiese Lord Henry.
"Certamente dal balcone di Lady Winderman. Ed inoltre è stato lasciato cadere a terra, lentamente."
"Da chi?" Lady Ketty era impaziente.
"Una domanda piuttosto complicata. Ora vi devo lasciare. Vi terrò al corrente."
"Grazie Sir Helmut. Arrivederci."
"Arrivederci Lordo Winderman. I miei omaggi Lady Ketty"
"Buonasera Sir Helmut."

giovedì 4 marzo 2010

LADY SARAH - 1^ parte -


Nei tuoi occhi vedo la mia anima riflessa in una luce oscura...

Sembrava una poesia, poche parole significative.
Lady Winderman fu trovata distesa nel suo letto con queste parole fra le dita.
I medici dissero che era stata avvelenata, senza dubbio.
Ma da chi e perché nessuno lo poteva spiegare: non c'erano indizi, nessun bicchiere, nessuna tazza. Niente.
Solo quel bigliettino.
Un punto di partenza piuttosto misero. Anche perché non ci si poteva spiegare il movente del delitto: Lady Winderman era stempre stata una donna generosa, molto allegra e disponibile, non aveva nessun nemico.
Inoltre da ormai tre anni era felicemente sposata a Lord Winderman, senza aver mai destato scandali e non c'erano nemmeno dubbi sulla fedeltà di entrambi.
Situazione troppo perfetta.
L'autopsia rivelò con certezza la morte veloce e indolore per avvelenamento da stricnina nella notte del dodici settembre alle tre e quarantacinque.

I coniugi Winderman vivevano dal giorno delle nozze in una lussuosa villa alle porte di Londra, ereditata da Lord Henry alla morte del padre, un ricco commerciante di preziosità orientali.
La casa, completamente arredataa in stile orientale e decorata con oggetti preziosi e raffinati, era circondata da un ampio giardino, interamente coltivato di rose di ogni colore.
Lady Sarah Winderman, infatti, adorava ogni tipo di rosa, in particolare quelle di colore bianco, così rare e delicate che amava raccogliere lei stessa per ornare ogni angolo della sua immensa villa con questi fiori candidi e profumati.
A villa Winderman lavoravano due giardinieri molto efficienti e silenziosi: Drive e Mensor.
Tutti i domestici abitavano in un'ala della casa, situata sul retro: il maggiordomo Kiks, sveglio e spiritoso, Minnie, una giovane ragazza irlandese, Sandy e John, coniugi americani capitati per caso in Inghilterra dopo una serie di sfortunose avventure in tutta Europa, e infine Mary, la cuoca, una donna puntuale, molto discreta ma disponibilissima e volenterosa.
I coniugi Winderman non avevano ancora figli ma con loro viveva una giovane nipote diciasettenne Lady Ketty Barman, figlia maggiore della sorella di Lady Sarah, molto affezzionata agli zii.

Con la morte di Lady Sarah la villa si rattristò profondamente: "Era una gioia, una luce sempre accesa, non s'adirava mai, sempre disposta ad ascoltare e perdonare..."Mary sembrava molto colpita dalla morte della padrona, s'inghiozzava in ogni momento, non riusciva a contenere il suo dolore.
Mary era molto affezzionata a Lady Sarah fin dal giorno in cui la conobbe. Viveva in quella casa da trent'anni, aveva servito Lord Elliot Winderman e sua moglie Anna fino alla loro morte e proprio ascoltandoli aveva cominciato ad amare Lady Sarah, adorata dal suocero e molto stimata dalla suocera.
Con la loro morte, in un viaggio a Parigi pochi mesi dopo le nozze del figlio, Mary  si era ancor più affezzionata a Lord Henry e alla moglie.
"Non aveva nessun nemico, glielo posso giurare. Dava molti ricevimenti eleganti, invitava molto spesso le sue amiche a prendere il the. Era amata da tutti. E' impossibile!"

lunedì 1 marzo 2010

LA CANTANTE - FINE

Ho faticato a trascrivere questo racconto...Sono passati veramente tanti anni, ero una bambina e mi sto ancora chiedendo da dove nascesse questa storia.
Comunque c'è un ultimo foglietto conclusivo:

"Sarà eseguito il giorno dopo il concerto milanese della cantante. Questo nessuno lo sa.
Durante il concerto circa a metà si svolgerà una sfilata di moda di un famoso stilista, Roger Philips. A questa sfilata parteciperà anche Jem. Il concerto ha inizio. Le guardie sono pronte ad impedire un eventuale attentato.. Però, come nessuno si aspettava, fino alla metà del concerto tutto è calmo e il clima è rilassato. Ma...sullo sfilare delle modelle uno sparo giunge da chissà dove. La polizia interviene immediatamente. Qualcuno è ferito, non si capisce chi. Il pubblico è agitato e spaventato; ben presto la sala è vuota e si senti il rumore di un'ambulanza avvicinarsi."
C'è un asterisco e una scritta, fine prima puntata.

Forse stavo scrivendo la sceneggiatura di un film...

venerdì 26 febbraio 2010

CAPITOLO III - BOB

Il pomeriggio del 3 Aprile dopo la "chiaccherata" della mattina Jem si prepara per lo spettacolo al festival di Primavera. Chiede il permeso al dottore per poter andare in albergo e prepararsi. Il dottore le da il permesso.
Naturalmente Bob l'accompagna. Sull'auto sono stati applicati dei mezzi di sicurezza: la carrozzeria dell'auto è stata rafforzata, sono stati installati dei finestrini anti-proiettili anche se, in verità, è cambiata proprio l'auto.
E di questo Jem si lamenta "Perché questa ? Voglio la mia!".
Allora Bob cerca di calmarla "La tua auto è in carrozzeria, le verranno applicati dei sistemi di sicurezza. Non preoccuparti, la riavrai presto!"

Accompagnata la ragazza in albergo Bob si ferma nella sala da bar ad aspettarla, li incontra Samantha e di due cominciano a parlare. Per prima attaca Samantha che domanda a Bob:"Senti, è poco tempo che conosci Jem ma, ti sarai accorto, forse, che è un po' capricciosa..."
"Eh sì, me ne sono accorto, però è simpatica e molto....è carina."
"Ah! Ti ha colpito! Sai una cosa, per me anche tu l'hai colpita...."e con queste parole Samantha si volta verso le scale dove sta scendendo Jem. E' splendida: i suoi occhi blu sono risaltati da un ombretto rosa brillante e da un mascara nero; la bocca colorata con un rossetto rosa fiammante. Il suo abito è molto elegante: nero, scollato sul davanti e sul dietro, senza maniche, stretto in vita da una cintura nera di vernice, la gonna corta che risaltava le sue belle gambe e scarpe con il tacco altissimo. Sulla chioma bionda e mossa spiccava un cappellino nero con veletta.
Bob dopo averla osservata da capo a piedi sussurra all'orecchio di Samantha:"Come fai a sapere che l'ho colpita?"
"Intuito femminile" risponde allegramente.

I tre i diressero al luogo dov'era in programma lo spettacolo. Tutto andò per il meglio: Jem non ricevette alcuna minaccia e terminato il pezzo tornò in albergo accompagnata da Bob.
"Allora come ti senti, sei stanca?" domandò gentilmente Bob.
"No, è tutto ok! Sono stata grande stasera! E non è successo niente!"
"Già, forse ci stiamo sbagliando, speriamo..."
"Ma..."Jem esitò guardando Bob fisso negli occhi, era davvero stupendo, non solo il suo aspetto ma anche il suo modo di fare, era affabile, gentilissimo e spiritoso.
Jem era rimasta davvero colpita, non volle continuare il discorso, doveva riflettere.
Bob interruppe i suoi pensieri:"Dicevi?"
"Niente, è meglio che mi riposi, non sono ancora in ottima forma."
E fu così che Jem aprì la porta della sua stanza salutando Bob con un sorriso.
"Sogni d'oro" Bob era rimasto un po' deluso da quel cambiamento di Jem, anche lui era rimasto colpito dal suo dolce sorriso, dal suo comportamento semplice, non da star.
Jem entrò in camera e si gettò sul letto. Prese la fotografia di John. Sì, John! Si erano salutati ieri con tanta tristezza, un mese senza vedersi!
John era il ragazzo della sua vita. Era tanto tempo che stavano insieme, nonostante le sue ampie conoscenze nel mondo dello spettacolo, gli innumerevoli fans che le giravano attorno, per lei esisteva solo John: il suo ragazzo, il suo migliore amico!
Il suo ricordo era continuamente interrotto dal pensiero di Bob. Com'era possibile? Jem si sentiva in colpa, si sforzava di pensare che era semplicemente attratta dalla sua bellezza ma non ci riusciva.
Non ricordava solo il suo bel viso e il fisico atletico ma le sue parole, i suoi sorrisi rassicuranti. Tutto in lui l'aveva colpita. Doveva smetterla di pensare a lui. Non poteva immaginare la sua vita senza John....ma Bob...
Ogni volta che tentava di pensare ad altro, Bob era lì, nella sua mente con il suo sorriso e i suoi occhi lucenti.

martedì 23 febbraio 2010

CAPITOLO II - LA GUARDIA DEL CORPO

"Chi sarà mai quel bel ragazzo ?" pensò Jem.
"Ciao Jem, come te la passi ?" domandò il medico.
"Bene, grazie" risposte cordialmente la ragazza.
"Buongiorno, signorina O'Hara. Mi permetto di presentarmi; mi chiamo Harry Clain sono investigatore. Piacere di conoscerla." e le strinse la mano accennando un lieve sorriso.
"Il piacere è tutto mio. Mi scusi ma è venuto ad investigare sullo sparo di ieri ?" domandò Jem.
"Vedi Jem, per questa volta non è niente di grave, te la sei cavata bene, ma..." spiegò il dottore.
"Pensate che mi possa accadere ancora qualcosa?" lo interruppe Jem.
"Vede signorina, potrebbe darsi che..." continuò l'ispettore Clain "la persona che..."ma Jem lo interruppe bruscamente "Chi mi vuole uccidere? Chi? Perchè proprio me? Non ho fatto niente a nessuno! Non posso avere nemici! E' stato uno sbaglio! Solo uno sbaglio! E voi, anche voi, tutti voi, vi sbagliate! Nessuno mi vuole uccidere!" gridò piangendo disperatamente la povera ragazza che ora si sentiva agitata e terrorizzata e le tornava alla mente il momento dell'incidente.
Scese dal letto, lentamente si avvicinò alla finestra, aprì le tendine bianche e spalancò la finestra.
Si sistemò i capelli, si girò verso i presenti e, con voce calma e rilassata, disse:"Mi sembra che si sia formata un'aria un po' pesante. Terrò aperta la finestra per poco tempo, non vi preoccupate non prenderò freddo."
Detto questo prese il vaso di fiori che stava sul comodino e lo spostò sul davanzale della finestra per fargli prendere un po' di sole e di aria fresca. Abbassò la tapparella quel tanto da impedire al sole di disturbare ed infine si chinò per aprire un cassetto, dal quale estrasse un pacco incartato con carta colorata.
Si sedette sul letto lo aprì: osservò la scatola di cioccolatini che le avevano regalato, lesse il biglietto accompagnatorio e l'aprì. Osservò anche i cioccolatini, guardò fuori dalla finestra per qualche secondo, si guardò le pantofole rosa pallido che aveva ai piedi e pensò "Non so più cosa fare, penseranno che sono matta, perché Sam non interviene? E quel ragazzo cosa fa qui? Devo offrire loro i cioccolatini, forse mi perdoneranno..."
Allora tolse le pantofole, appoggiò i cioccolatini sul comò, sempre seduta scoperchiò il letto, ma non del tutto, mise il cuscino contro la parete per stare più alta con la testa, mise anche i piedi sul letto, prese le coperte, se le tirò vicino ma non si coprì completamente, guardò di nuovo fuori dalla finestra, non aveva ancora rivolto lo sguardo ai presenti.
Dopo qualche minuti si decise: prese i cioccolatini fece un sorriso e, esitando, si girò verso i presenti.
Non voleva parlare nè stare zitta, il suo sguardo era fisso per terra poi, piano piano, si alzò e andò a finire sul bel ragazzo presente nella stanza: era veramente carino con gli occhi azzurri come il mare, i capelli biondi e molto alto.
Il ragazzo sorrise, lei abbassò lo sguardo intimidita ma poi, facendosi coraggiò domandò:"Gradireste dei cioccolatini? Me li hanno regalati ieri all'arrivo all'aereoporto. Vi prego di assaggiarne uno." e con un viso di preghiera glieli porse.
"Sì dai Jem, dammene uno, quello lì rosso" E con questa frase il medico prese il cioccolatino.
Allora anche Samantha, che finora non aveva parlato, con voce rauca per il troppo silenzio disse: " Ti ringrazio Jem per l'offerta, io gradirei quello blu." e avvicinandosi sorrise.
L'ispettore Clain ne prese uno a forma di pistola.
Allora il ragazzo, finora taciturno, disse ridendo:"Ispettore non riesce a non pensare al suo lavoro, vero?" e guardando Jem sorrise. Lei ricambiò il sorriso e tutti si misero a ridere.
L'ispettore Clain allora replicò:"E' la forza dell'abitudine. E tu, non ne prendi neanche uno?"
Jem chiese:"Non si presenta?"
"Ah! Certo. Il mio nome è Bob Mac Donald. Sarei la sua...guardia del corpo personale...il giorno e... la notte per proteggerla da..."Si bloccò. E l'ispettore continuò:" Vede miss O'hara noi eravamo venuti per questo ma...se lei non vuole..."
"Oh Sì, sì!" si interruppe per non scoprire subito i suoi sentimenti:"Io, volevo dire che ho riflettuto e penso che abbiate ragione voi!"
"Sono contento Jem" disse il medico.
"Sì, miss, penso che abbia fatto la scelta giusta." sentenziò l'investigatore.
"Tra poco sarai dimessa dall'ospedale. Contenta?"Annunciò il dottore.
"E...con la mia personale guardia del corpo" ironizzò Jem.
"Sì, verrò anche io, miss O'hara" disse Bob serioso.
"Mi chiamo Jem e voglio che ci diamo del tu." ordinò la ragazza.

lunedì 15 febbraio 2010

LA CANTANTE


Questo scritto risale a molto tempo prima dei precedenti. Lo deduco dalla carta utilizzata ma soprattutto dalla calligrafia. Potrebbe essere stato scritto nel 1984.

CAPITOLO I - LO SPARO

Nel mese di aprile Jem O'hara arriva in Italia per i suoi concerti. I suoi milioni di fans sono all'aereoporto di Milano ad accoglierla. L'atmosfera è tesa. L'arrivo di questa cantante è atteso da tantissima gente. Le guardie del corpo fanno strada tra la folla. Accanto a Jem O'hara si nota la presenza della sua manager Samantha Kanisky.
Un giornalista si avvicina alla signorina Samantha; con gentilezza le dice:"Buongiorno. Vorrei augurarle un buon soggiorno in Italia."
La signorina Kanisky sorride.
Il giornalista le offre una rosa rossa e le domanda:"Mi scusi, potrebbe anticiparmi i luoghi dei concerti ?"
"Mi spiace, ma..." e osservando la rosa continua "I luoghi e le date non sono ancora stabiliti. Comunque...Posso dirle che inizieranno solamente nel mese di giugno."
Il giornalista stupito le chiede:"Ma...Perché siete venuti così presto ?"
"In questo periodo ci sono molti impegni per Jem. Dovrà partecipare a vari programmi televisivi. Ma non ci fermeremo in Italia per molto tempo. Nel mese di maggio abbiamo in programma alcune serate in Inghilterra. Ma ora, se non le dispiace, devo andare."
"Oh! Sì sì, arrivederci e...grazie!"
"Di niente, goodbye!"
La signorina Kanisky si sistema i capelli, odora la rosa e raggiunge Jem che la sta aspettando alla macchina.
Si recano agli studi televisivi ma Jem è stanca e lascia la manager a gestire gli appuntamenti mentre lei decide di andare in hotel.
Sale in auto che parte a tutto gas verso l'albergo.
Durante il tragitto uno sparo entra attraverso il finestrino destro. La ragazza urla disperatamente: il proiettile la colpisce al braccio.
L'auto finisce contro ad un muro. La gente accore: Jem viene estratta dall'auto e portata in ospedale.
Il medico accerta che la ferita non è grave.
Jem è in un letto all'ospedale: è molto calma e tranquilla, non preoccupata.
All'improvviso però entra un ragazzo bellissimo accompagnato da un signore molto alto, dal medico e anche da Samantha.

giovedì 11 febbraio 2010

AMBRA E' GIA' FINITO

Poche pagine strappate da un'agenda e ritrovate tra i libri.
Non riesco a risalire all'anno in cui ho scritto queste parole, ma dalla scrittura, dal fatto che si citi Il Piacere di D'Annunzio e si parli con così tanto amore di Roma, immagino siano del 1993/1994.

Peccato che la storia si fermi qui e non ci siano altri appunti che mi aiutino a capire dove volevo arrivare, perché proprio non me lo ricordo.

lunedì 8 febbraio 2010

AMBRA - SECONDA PARTE -

Sentiva il sole caldo, l'aria tiepida e sognava.
Le venne in mente, senza volerlo, un'immagine del passato, aveva circa quattordici anni, o forse meno, si trovava a Parigi con la sua famiglia. Suo padre aveva alcuni riunioni importanti così sua madre portava i figli in giro per quella grande città, mostrando le vetrine dei quartieri più chic, le ville e i castelli più eleganti e sontuosi. Avrebbero dovuto anche pranzare in una famosissimo ristorante in pieno centro ma proprio Ambra rovinò questi progetti.
Perché la ragazzina, mentre la madre era impegnata in acquisti, si incantò guardando lo spettacolo di alcuni bambini lì, in mezzo ad una strada. Quando i bambini si spostavano lei li seguiva senza mai togliere l'attenzione da quei visi allegri ma molto provati dalla stanchezza, dai loro movimenti, dalle loro canzoni.
I genitori spaventati la cercarono per un paio di ore, Ambra non si era minimamente accorta del passare del tempo.
La ritrovarono intenta a farsi fare un ritratto che, purtroppo, la madre buttò considerandolo sudicio e senza valore, visto che era stato fatto da un misero pittore di strada.
Ambra accettò i rimproveri della madre ma, ancora oggi, ricordava i suoi occhi riflessi in quel disegno, come in uno specchio...
Ora finalmente poteva conservare un sudicio ritratto.

Ambra si era sempre considerata una ragazza fortunata, non si era mai lamentata con i genitori, non aveva mai chiesto più di quel che aveva. Ma, nonostante questo, non era mai stata felice in casa sua. Cercava sempre di isolarsi in camera sua leggendo fiumi di parole e cercando di scrivere tutto ciò che le passava per la mente. A volte, di nascosto, dipingeva o ballava, o cantava.
I genitori non avrebbero capito i suoi interessi, come non avrebbero capito quei pomeriggi in cui Ambra si recava alla Casa degli Orfani in città per aiutare le suore, sempre troppo impegnate, o per passare momenti di allegria con quei bambinetti che l'adoravano.
Durante quelle fantastiche ore Ambra era veramente felice. I genitori pensavano che la loro figlia devota si recasse dall'amica Joanna o al club sportivo.
Con Joanna passava pochissimo tempo, era una ragazza simpatica ma troppo superficiale, per lei il massimo della vita era fare shopping o chiacchierare seduta al tavolino del bar, come una vera signora. E del resto Ambra al club ci andava per fare un po' di sport: nuoto, tennis, un po' di palestra...ma non sempre...Considerava importante fare un po' di movimento ma l'ambiente del club era troppo snob e ciò la deprimeva.
Nessuno conosceva queste sue idee, questa rispettabilissima figlia dell'ancor più rispettabilissimo padre era sempre ben educata, sempre sorridente e spigliata durante i ricevimenti, sempre perfetta in ogni occasione.
Anche crescendo aveva sempre recitato benissimo la sua parte: a scuola era molto brava e si impegnava molto, non aveva mai suscitato scandali, suo padre non amava finire sui giornali...
Terminati gli studi si inserì brillantemente nel mondo del lavoro, naturalmente suo padre le aveva trovato un ottimo impiego come direttrice delle pubbliche relazioni della sua immensa multinazionale.
Che opera d'arte, che vita da film: bella, ricca, con ogni possibilità.
Ambra era consapevole di essere fortunata e considerava il fatto di non trovarsi a proprio agio nel suo ambiente come un pegno da dover pagare alla fortuna.
Del resto vedeva intorno a sé la povertà, la vera infelicità di gente che viveva di stenti, di ragazzi sfortunati senza lavoro.
Odiava le persone che si lamentavano per motivi futili e che non alzavano gli occhi sulla vita vera che non è fatta solo di feste, pranzi e shopping!
Come non capiva quelle ragazze ricche che volevano morire perché troppo infelici.
Già è forse vero che i soldi non fanno la felicità ma sono una base solida su cui potersela costruire, questa felicità, che non sempre scende dal cielo come le ricchezze di famiglia di cui poter disporre senza nessuna fatica, che ci vengono date gratuitamente.
E poi, Ambra, era convinta di avere la grande opportunità di poter aiutare gli altri, di poter dividere la propria fortuna.
E, grazie a questo, di capire, che anche per i più benestanti la felicità si trova nelle piccole cose, nell'amore di chi ti sta accanto, nella soddisfazione di donarsi gratuitamente.