lunedì 22 marzo 2010

La scuola - 25 marzo 1992

Ecco un tema che ho scritto in quarta superiore, mi è capitato nella ricerca dei miei scritti e ho voluto trascriverlo perché è molto attuale:

Periodicamente radio, televisioni e giornali rispolverano il problema della scuola, parlano di riforme, di un rinnovamento e di un cambiamento del sistema scolastico, ma troppe volte queste bella parole rimangono tali.
E intanto la scuola non piace: è odiata dagli studenti, è criticata dai professori ma nessuno fa niente per cambiare e per cambiarla.
In questo modo si formano ragazzi stanchi e demotivati, ed insegnanti troppo legati al libro di testo e al programma ministeriale, che si chiudono a riccio: gli studenti accusano i professori di essere trppo severi, i professori rimproverano ai loro alunni menefreghismo e poco tempo dedicato allo studio.
Ma la scuola cos'è: un conflitto di interessi tra colui che siede in cattedra e coloro che gli stanno di fronte?
Vocabolario alla mano, la scuola è "un'attività organizzata per la formazione educativa e l'insegnamento di una serie di discipline".
L'interesse, dunque, dovrebbe essere unico e l'obiettivo che ci si pone raggiunto in stretta e armonica collaborazione.
Purtroppo le spiegazioni dei professori e lo studio degli alunni sono estremamente finalizzati ad un unico punto di arrivo, il voto.
E' attorno al voto che si muove la scuola: la necessità di interrogazioni e verifiche a raffica e contrapposto il tentativo di fuggire, di riviare il più possibille questi temutissimi controlli scritti e orali.
E' un problema serio che, dal mio punto di vista, è la causa-conseguenza dell'inefficienza del sistema scolastico.
E' necessario partire dall'inizio: fin dai primi anni d'insegnamento il lavoro dovrebbe essere diverso, semplice, simpatico ed educativo, in modo che i bambini, i ragazzi e poi gli adolescenti, vadano a scuola con il desiderio di imparare a leggere e a scrivere perché questo dà loro la possibilità di esprimersi e proprio per questo vorranno conoscere sempre di più, allargare la propria cultura e il proprio sapere per poter dare un'opinione personale in ogni campo, a proposito di qualsiasi argomento, e rielaborando le nozioni apprese potranno manifestare un pensiero personale e soprattutto libero.
La scuola dovrebbe essere tutto questo: studiare per conoscere, per apprendere, per assimilare e non per il voto, per la sufficienza, per la promozione.
Ma come si fa a rendere tutte le discipline, anche le più piatte e monotone, interessanti, ricche di spunti di riflessione e discussione ?
Secondo me ciò è possibile aprendo la scuola al mondo, permettendo alla realtà di tutti i giorni, agli avvenimenti di vita quotidiana di integrarsi e amalgamarsi con l'insegnamento scolastico.
In questo modo lo studente ha una formazione più completa, può allargare i propri orizzonti; andare a scuola non dev'essere un rinchiudersi sotto una campana di vetro, ma dev'essere una strada nel mondo che aiuta a conoscere, a criticare, a cambiare le realtà negative, che educa ad amare e valorizzare i lati positivi e, soprattutto, la vita di ognuno di noi, dal più misero barbone della strada al più ricco e potente imprenditore.
Visto che la scuola deve dare anche una formazione educativa è giusto che svolga questo compito importantissimo ma, troppe volte, bisfrattato.
Quest'attività dev'essere svolta fin dalle elementari in modo che l'alunno non arrivi negli anni della maggiore età con una mentalità menefreghista.
La scuola non deve "stampare" tecnici, ragionieri, biologi ma aiutare nella formazione di uomini, inseriti in mondo di uomini che, grazie a quel tipo di scuola, hanno nozioni più vaste ed una specializzazione utile per il futuro.
Ma veramente utile: per questo sarebbe opportuno non inculcare nella testa degli studenti semplicemente una gran quantità di concetti teorici, ma integrare con la messa in pratica di ciò che si impara sui libri.
In questo modo, se si vuole inquadrare, lo si fa nel modo più opportuno: insegnando una professione e una professionalità!
Nella scuola italiana, infatti, mancano attività integrative alle classiche ore di lezione. Certo non bisogna generalizzare: spunti positivi si trovano in parecchie scuole.
Però, secondo me, integrare significa sistematizzare queste attività, amalgamarle con le ore di lezione.
L'attività integrativa, intesa come dibattiti, convegni, mostre, visite d'istruzione, cineforum (ma intendo anche stage per imparare la professione), diventa scuola, diventa insegnamento, diventa educazione e non una scusa per non far lezioni, ma nemmeno una penalizzazione perché con gli impegni di queste attività, non si possono preparare interrogazioni o verifiche.
E anche lo sport dovrebbe essere inserito all'interno della scuola: lo sport è uno svago istruttivo, oltre che un bene per la salute, aiuta a socializzare, ad impegnarsi per raggiungere uno scopo, aiuta a saper faticare, a lottare per i propri obiettivi, ed inoltre lo sforzo fisico permette di rilassarsi dallo stress mentale che, logicamente, le ore di spiegazione e di studio provocano.
Troppo bello per essere vero...
Ho l'impressione di parlare di qualcosa che non c'è e non potrà mai essere, di un'utopia.
Forse a causa di un'apatia diffusa, soprattutto in noi giovani, riacquistare la fiducia nella scuola rimarrà sempre e solo un'utopia ma forse no...
I partigiani alla fine della seconda guerra mondiale, le femministe per una parità di diritti, gli abitanti dell'Est europeso per la libertà, ed anche i sessanttottini per la riforma scolastica, hanno lottato, hanno combattuto perché credevano nella libertà.
Certo sono paragoni un po' azzardati ma se crediamo che la scuola possa dare di più, se crediamo che la scuola può aiutare la società, perché non provare ?
E' difficile essere anticonformisti, è difficile contrastare la realtà dei fatti ma che sia difficile non significa che sia impossibile, anzi è una sfida in più!

Voto: 7 (tanto per curiosità)

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